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Umberto Curi

Una leggenda da sfatare: Don Giovanni seduttore

Umberto Curi - Una leggenda da sfatare: Don Giovanni seduttore Desiderare 2024 - XIX ed. | Caravaggio (BG)

Don Giovanni, simbolo di erotismo insaziabile, viene spesso ridotto a un donnaiolo compulsivo. Umberto Curi, però, ne rilegge il mito, svelandone la profondità teologica e filosofica. Attraverso le opere di Tirso de Molina, Molière e Mozart-Da Ponte, emerge una figura dis-soluta: sciolta da ogni legame con la trascendenza divina, condannata all’Inferno per aver sfidato la sacralità della morte. Una visione che supera l’ossessione per la seduzione, rivelando il suo legame profondo con la modernità.
«Il dongiovannismo non è concepibile se non come «fase suprema» dell’ateismo.» Don Giovanni percorre la modernità con la tracotanza dell’eroe eponimo dell’erotismo seriale e insaziabile. L’appellativo comune ricalcato su di lui qualifica l’amatore compulsivo, il donnaiolo senza requie, l’agonista del corteggiamento che aggiorna di continuo il proprio medagliere. Ma un simile stereotipo di sfrenatezza sessuale è in gran parte dovuto all’equivoco in cui sono rimaste intrappolate le tradizioni interpretative che a lungo si sono cimentate con la figura di Don Giovanni. Finissimo indagatore della vitalità dei miti antichi, Umberto Curi qui riequilibra nettamente il profilo di quello che giudica il mito più emblematico degli ultimi secoli, restituendogli la pregnanza teologica e filosofica rimasta occultata per l’eccesso di enfasi sulle prodezze carnali. Solo se lo si libera dalle strettoie del paradigma seduzione/dannazione, si riesce infatti a decifrare l’enigma delle tre versioni principali – le pièces secentesche di Tirso de Molina e di Molière e il «dramma giocoso» di Mozart-Da Ponte – che mettono in scena Don Giovanni: l’asimmetria tra la colpa che gli si imputa e la pena atroce a cui viene condannato. Sia che perverta l’amore in inganno, e schernisca così il caposaldo della religione cristiana (Tirso), sia che concepisca la conquista femminile come continuazione della guerra con altri mezzi (Molière), sia che recuperi attraverso la musica la cupa grandezza di cui lo priva un libretto poco sulfureo (Mozart - Da Ponte), Don Giovanni non può sottrarsi all’invarianza di una fine che lo precipita tra le fiamme dell’Inferno proprio in quanto dis-soluto, ossia sciolto da ogni vincolo con la trascendenza divina, prima che con i costumi degli uomini. Lo «spirito forte» che ha osato oltraggiare la sacralità della morte nella sfida al Commendatore non avrà scampo. Ecco la colpa irredimibile, che secondo Curi affiata il mito di Don Giovanni alla modernità più di qualsiasi riduzione «erotica».

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UMBERTO CURI

Da sempre gradito ospite del Festival Filosofi Lungo l’Oglio, Umberto Curi e’ un filosofo italiano, professore emerito di Storia della filosofia presso l'Università degli Studi di Padova e docente presso la facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. E' stato visiting professor presso la University of California (Los Angeles) e la Boston University. Ha diretto per oltre vent’anni la Fondazione culturale “Istituto Gramsci Veneto” ed è stato per un decennio membro del Consiglio Direttivo della Biennale di Venezia. Ha vinto con il testo «Straniero» (Raffaello Cortina editore, Milano, 2010) l'edizione 2018 del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi Lungo l'Oglio. Un libro per il presente.

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