Tra i tantissimi relatori chiamati da Francesca Nodari ad incontrate il pubblico del Festival in questa XVI edizione: Umberto Curi, Massimo Cacciari, Enzo Bianchi, Maria Rita Parsi, Nicla Vassallo, Marco Vannini, Haim Baharier, Francesca Rigotti, Ilvo Diamanti, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Stefano Zamagni, Umberto Galimberti, Antonio Gnoli, Massimiliano Valerii, Asher Colombo, Brunetto Salvarani, Ludwig Monti, Alberto Casadei, Telmo Pievani, Maurizio Bettini, Stefano Semplici, Giovanni Ghiselli, oltre alla reunion dei sindaci di Brescia, Bergamo e Cremona all’insegna del ripartire insieme.
Sale, piazze, chiese, arene sold-out nelle tante location che hanno ospitato il festival. Ottimo riscontro da parte del pubblico per la maratona del pensiero e anche sui social media. Sulla pagina facebook del Festival sono stati raggiunti 45.000 utenti e i post hanno registrato una media di 2.300 visualizzazioni al giorno e una media di 8.390 visualizzazioni video sui social. 15.800 persone hanno messo "Mi piace" sulla Pagina del festival. Su Instagram ci sono state oltre 37.194 visualizzazioni con un incremento di 16.700 visite rispetto all’ultimo mese e una copertura media di 5.882 visite e 731 giornaliere sul profilo.
Tema del Festival appena concluso è stato il binomio Eros e Thánatos, un classico del pensiero e al contempo di un’attualità stringente, ponendosi in stretta linea di continuità con la parola chiave della scorsa edizione, “Essere umani”. In linea anche la parola chiave della prossima edizione che si svolgerà nel 2022: Dire io.
Oggi l’individualismo, o meglio la sua versione deformata ed esasperata, è soggetto a severa critica. Si lamenta dell’individuo non il suo essere indivisibile e unico, ma il suo presentarsi come autocentrato, il suo pensare soltanto a se stesso. Alle analisi descrittive di questo fenomeno, ritenuto recente e legato a modelli di vita e a supporti tecnologici della tarda modernità, si aggiungono ondate di commenti negativi che ne valutano sfavorevolmente gli effetti. Ci siamo abituati a vivere in maniera individualistica, si nota con tono di rimprovero. Nel mondo del lavoro e in campo economico ci comportiamo - ci viene rinfacciato - come se fossimo tanti Robinson Crusoe su isole solitarie che di tanto in tanto salgono sulla canoa per pagaiare fino all’isola vicina e scambiare banane con noci di cocco. Non si fanno figli su quelle isole fortemente individualizzate perché si pensa soltanto a se stessi, alle proprie comodità e alla propria realizzazione personale; vi si pratica infatti l’idolatria dell’io, l’iolatria per cui tutto deve essere fatto in relazione a me.
Ma che cosa ha a che fare tutto ciò questo con l’individualismo? Perché ha iniziato a imporsi la valutazione negativa di un fenomeno, la concezione individualista, che ha portato una straordinaria spinta nella direzione dell’autonomia, dell’eguaglianza, della democrazia e dei diritti? Sono queste alcune delle domande alle quali il Festival cercherà di rispondere.
Tra gli annunci del festival appena trascorso quello per la cerimonia del Premio Internazionale di Filosofia/Filosofi lungo l'Oglio. Un libro per il presente che si svolgerà il 25 novembre 2021 a Romano di Lombardia. La giuria, composta da Francesca Rigotti (Presidente), Bernhard Casper, Francesco Miano, Massimo Donà, Maria Rita Parsi e Francesca Nodari, ha designato Eva Cantarella, vincitrice della X edizione del premio per il libro L'amore è un Dio, (Feltrinelli 2007). Il riconocimento va ad una tra le più importanti studiose a livello internazionale del mondo antico che si è distinta per le sue numerose pubblicazioni. Eva Cantarella ha insegnato Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano ed è global professor alla New York University Law School.
“Il Festival – ha dichiarato Francesca Nodari - tirando le somme dell’edizione appena conclusa - che è partito lo scorso 10 giugno, si è rivelato sempre più come un appuntamento atteso e, in certo senso, considerato necessario per saziare il bisogno di conoscenza e insieme per la possibilità offerta di fruire di strumenti utili per affrontare il nostro presente. Strumenti che fanno di ciascuno, un soggetto critico. Non solo, la manifestazione – una vera e propria maratona del pensiero che ha toccato ben 23 località – si è rivelata come un ritorno alla condivisione e allo stare insieme in carne ed ossa. In molte municipalità il Festival è stato il primo evento svoltosi in presenza riscontrando sempre un alto indice di gradimento e di partecipazione. Le riflessioni svolte sul tema attorno al quale è ruotata questa sedicesima edizione: eros e thánatos, mostrano il ricorrere di certi rischi che attanagliano il soggetto contemporaneo: l’egoismo, il singolarismo, lo sgretolarsi della relazione – un fenomeno ormai già in corso da tempo ed ora reso ancor più evidente dalle misure di contenimento attuate per contrastare la pandemia. Al punto che molti studiosi mettono in guardia sul pericoloso passaggio dalla claustrofobia alla claustrofilia. Eppure gli esseri umani sono animali sociali e si distinguono da tutti gli altri esseri viventi per la capacità del linguaggio. La chiusura quasi autistica del soggetto va di pari passo con l’emersione di antiche e nuove paure: le persone si sentono sempre più sole (secondo i sondaggi condotti dall'istituto Demos&Pi circa il 30% per cento degli italiani). Persino la nozione di temporalità è stata messa in scacco: si parla di tempo sospeso, di visione retrotopica, di scarsa fiducia nel futuro. Ma se questi sono alcuni degli esiti nefasti dell’odierna tempiere culturale già segnata e attraversata da sentimenti di rancore, rabbia, persino di odio non sono mancati e non mancano gli escamotages per contrastare e attraversare questo nostro difficile presente: «Nessuno si salva da solo!”» aveva ammonito Papa Francesco, in una Piazza S. Pietro deserta, il 27 marzo 2020. E ancora non si può dimenticare che l’identità di ciascuno passa attraverso l’alterità dell’altro che ci convoca e ci invoca. Che è solo, emarginato, perseguitato, abbandonato. Solo, persino nell’elaborazione mancata di un lutto come molti hanno sperimentato durante la fase acuta della pandemia ove era impossibile stringere la mano ai propri cari, portare loro l’ultimo saluto, finanche celebrare le esequie. Se la morte, come sostiene Philippe Ariès ne la Storia della morte in Occidente, nella nostra società industrializzata ha preso il posto della sessualità come tabù principale, è l’ “innominabile” come scrisse Geoffrey Gorer nel celebre saggio: La pornografia della morte, oggi forse la pandemia ci presenta il conto di questa rimozione riportandola al centro con tutta la sua carica di non-senso, di enigma e di mistero e insieme ci mostra l’intensità generatrice di eros e la chance irrinunciabile dell’amore agapico che esige cura, misericordia, responsabilità.
E per chi crede, come ha ribadito Enzo Bianchi, la convinzione che, anche nell’ora più nera, «l’amore vince la morte» Ora, se è vero come scrive Levinas in Totalità e infinito che «essere temporale significa essere, nello stesso tempo, per la morte e avere ancora del tempo, essere contro la morte», il nostro stesso esistere in quanto esseri mortali e dotati di linguaggio, diviene autentico allorché, nell’accadimento dell’incontro con l’altro siamo pronti – in un virare della libertà in responsabilità – a dire: «Eccomi!», intravedendo nel volto di Autrui, l’espressione del comandamento «Non uccidere», come se la minaccia dell’omicidio fosse sempre presente, come se l’io, in quanto sopravvissuto, ne fosse colpevole: «la mia morte è la mia parte nella morte d’altri, e nella mia morte io muoio questa morte che è la mia colpa». Eppure oggi si sta, in certo senso, assistendo, ad una riapertura del vuoto, ad un ritorno dell’il y a «che porta il terrore della morte al centro della vita. La limitazione “dell’infinito che si manifesta nella relazione etica”– scrive perspicacemente Bauman in Mortalità, immortalità e altre strategie di vita – introduce un altro spaventoso infinito – l’infinito della vacuità dell’esistenza in cui la vita è sprofondata». D’altro canto «una volta che la vita si emancipa da ogni responsabilità performata, inalienabile, una volta che questa vita non è per qualcuno e qualcosa in particolare […] essa si trasforma in una lunga prova generale del non-essere. […] È perché la vita ha perso il solo senso datole “di diritto” – quello di esistere per – che la morte ha perso anch’essa il suo significato. Il suo terrore non può essere condiviso» al punto che «nell’aspirazione all’immortalità privata da parte dell’io ciò che chiede di essere mitigato è la solitudine del terrore». Di qui l’urgenza della parola chiave prescelta per la XVII edizione del Festival cercando di sondare tutte le implicazioni contenute nell’espressione: “dire io” oggi nel tempo pandemico, oggi dinanzi ad un io sempre più tracotante e aporafobico, oggi in una società ove le disuguaglianze sono in costante incremento, ove i legami sono messi in scacco da una società liquida che riduce persino gli affetti ad un fast-food quotidiano. E questo mentre il virtuale avanza senza posa, l’indifferenza diventa imbarazzante e i punti di riferimento vengono meno schiacciati come siano sotto l’imperialismo di un presente continuo che rende irraggiungibile, forse utopico, l’avvenire” conclude Francesca Nodari.
Il Festival Filosofi lungo l’Oglio è stato insignito anche nel 2021, dopo sei anni consecutivi, della prestigiosa medaglia del Presidente della Repubblica ed è l’unico Festival di Filosofia ad aver ricevuto per tre volte consecutive il marchio europeo Effe Label 2019-2021, progetto sostenuto dalla Commissione Europea e realizzato da EFA, Associazione dei Festival Europei per premiare l’impegno artistico e la capacità di coinvolgere le comunità locali che guardano all’Europa.
Il Festival si avvale dell’Adesione del Prefetto di Brescia e ha ottenuto il Patrocinio delle Province di Brescia, Bergamo e di tutti i Comuni coinvolti. Sponsor: BCC di Brescia, Cogeme SPA, Fondazione Cariplo, Fondazione Cogeme, IME, Consorzio Franciacorta, Fondazione ASM, Sabrina Lombardi – Amministrazioni immobiliari.