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Lunedì, 23 Giugno 2014 16:13

La filosofia è un labirinto

I movimento della filosofia? A spirale: un allargare la prospettiva per approfondire lo sguardo sul medesimo punto, sulla cosa stessa. Una metafora hegeliana che ben s'addice al nuovo libro di Massimo Cacciari, «Labirinto filosofico» (Adelphi), dove ad essere esaminata è la domanda: che cos'è un ente? Cosa intendiamo quando parliamo di qualcosa di determinato, sia esso un oggetto fisico o un essere vivente?

Un libro che rappresenta la terza tappa della sua trilogia teoretica: «Dell'Inizio» (1990), «Della cosa ultima» (2004). Mentre nella prima la riflessione verteva sulla cosa prima, l'Inizio, da dove insorgono la molteplicità delle cose, nella seconda l'autore si soffermava sul destino escatologico: qual è il volto degli oggetti in un orizzonte di salvezza ultima? Due libri di impronta neoplatonica — ricerca del Fondamento e dei suoi echi nel mondo —dove la filosofia faceva proprie le domande della teologia cristiana e investigava le tracce di eterno che vivono in ogni cosa, sia essa la più teologale o quella più terrena. Tracce che sono i segni dell'Inizio: le possibilità che accompagnano la vita di ogni singolo, colte nella loro unicità.

In «Labirinto filosofico» il punto di vista di Cacciari diventa ontologico: pensare l'ente nella sua presenza qui e ora, indipendentemente dalla sua provenienza e dal suo futuro. Come dire: dopo il confronto con la tradizione neoplatonica, ora l'interlocutore è Aristotele. Infatti, queste pagine sono un corpo a corpo con la metafisica aristotelica e la sua insistente domanda: che cos'è una sostanza?

Dove per sostanza si intende ciò che è determinato e separato, unico. E qui sta la novità della interpretazione: mentre per lo più con sostanza si è inteso ciò che è identico a sé, Massimo Cacciari domani a Orzinuovi per presentare la sua ultima pubblicazione Un'opera che ruota attorno a una domanda: che cos'è un ente? lontano dal poter accogliere ciò che è altro, per Cacciari la sostanza aristotelica cela in sé una differenza che la costituisce, e proprio nel suo manifestarsi empirico esprime una dialettica identità-differenza che è la natura propria di ogni cosa.

Ogni ente è questa lotta tra la differenza che Io costituisce dall'interno e il suo apparire identico allo sguardo di un osservatore. La differenza ontologica che Heidegger, contro Platone e Aristotele e tutta la tradizione metafisica, cercava tra l'ente e l'Essere, Cacciari la sorprende nella natura stessa di ogni cosa. Se nei primi libri della trilogia Cacciari aveva sviluppato una «protologia» (dottrina della cosa prima) e una «escatologia» (dottrina della cosa ultima), ora dispiega una «ontologia»: una dottrina dell'ente che rivendica il timbro metafisico che risuona in ogni vita fisica. Se immediate sono le conseguenze estetiche — spiega l'apparire sulla scena pittorica contemporanea di ogni tipo di oggetto, anche del più umile — filosoficamente queste pagine sono interessanti anche per il confronto con Emanuele Severino.

Da un lato sembra che Cacciari faccia propria la riflessione severiniana — ogni ente è eterno perché altrimenti non sarebbe se stesso — dall'altro egli, mostrando la differenza immanente a ogni ente, insiste sulle possibilità di vita che lo abitano. Ma se c'è possibilità c'è divenire, e quindi possibilità di non essere: l'opposto del divie-to severiano che l'ente possa non essere. Una contraddizione? Sì, ma nel senso alto del termine: lì dove si pensa, vero è il pensiero che non nasconde le proprie aporie, le strade sbarrate in cui si incorre per l'estrema coerenza logica. Appunto: la filosofia è un labirinto di aporie! E questo vale per Cacciari e Severino. Il confronto tra i due è una delle pagine serie della filosofia italiana contemporanea.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Ilario Bertoletti
  • giornale: Corriere della Sera

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