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Lunedì, 23 Giugno 2014 16:02

Il tradimento degli «eletti» non uccida la fiducia

La prima fiducia è nell'esistenza di un microfono. Di uno, non due, non tre. Un solo microfono. Alle 21.45, ieri sera, tutto il San Barnaba stracolmo e le almeno cento persone in piedi e ai lati, nel corridoio delle vetrate su un cortile suggestivo, si osservano strabiliate. Michela Marzano, la relatrice di «Paradossi della fiducia: scommessa, dono e affidabilità», nuovo appuntamento dei si mette al centro del palco e grida con la vocina a disposizione. Niente da fare.

Si mette al centro del salone, prova, niente. Finalmente, il nostro Fulvio Merlo, appassionato tecnico di Teletutto, trova, in qualche anfratto, un paio di «microfoni gelato». Salvezza per la sala, vergogna per chi ha la responsabilità in Brescia di questo service. Michela Marzano, prof. della filosofia del corpo, tra le 50 pensatrici Più ammirate al mondo secondo «Le Nouvel Observateur», introdotta con la consueta vivacità intellettuale e emotiva da Francesca Nodari, marca a vista la questione con alcuni interrogativi: perchè dovremmo aver fiducia; perché smettere di controllare e di controllarsi, esigendo la fiducia un'azione di vigilanza; perchè credere in una persona che magari non conosciamo. Tanto più, sottolinea Michela Marzano, ai nostri giorni in cui, di fronte al tradimento delle élites, diventa molto problematico avere fiducia.

Ieri, «nell'antichità», nella società dell'onore e senza democrazia, la fiducia veniva avanti su un concetto di affidabilità. Ma in una società come la nostra, tradita ripetutamente in sede politica ed economica, dove il senso ambiguo dell'onore è stato sostituito dal valore di un interesse egoistico con l'eliminazione scientifica e amorale del valore dell'altro, il ritorno della fiducia è complicato. D'altro canto, continua Michela Marzano, una società senza fiducia non regge. Perché non ripensare, per esempio, a un'idea di scommessa pascaliana? E ancora al ripensamento cartesiano di un dubbio fertile. ,Ancora, al sistema di Locke per cui uno Stato, un governo si rendono credibili con una vigilan-za necessaria e al termine si esprime un giudizio, una continuità o un cambiamento. La fiducia, dunque, esige un diritto di sguardo, ma non può valere, se non con un danno incomparabile, «la sola fiducia nella sfiducia». Giusto, perciò, ribadisce Michela Marzano l'uso del dubbio, ma di un dubbio che cerchi una soluzione e non il compiacimento esclusivo di dubitare: un conto è dubitare per costruire, un conto è dubitare per distruggere.

La nostra società, ricca di tradimenti affettivi e sociali, rende proibitivo lo stimolo alla fiducia e può attingere ama speranza di consolidamento solamente se accetta l'asimmetria tra fiducia e affidabilità per cui si ha fiducia anche in chi non è affidabile per la ragione maggiore che garantisce una presenza, la certezza di una esistenza e più avanti, forse, una reale, consistente, costante affidabilità. Michela Marzano porta gli esempi anglosassoni di un contrattualismo esasperato: ci si fida del contratto e dunque non ci si affida alla fiducia. A lungo andare, l'eccesso dell'uso del contratto porta a una burocratizzazione della fiducia, all'eliminazione della sostanza pattuita sia essa affettiva, familiare, economicao politica. Più aumentano i contratti più diminuisce la fiducia.

Da riflettere, invece, suggerisce la relatrice, il valore del trust, di una fiducia come salto nel buio, di una fiducia in assenza di affidabilità per la ragione che la scommessa, il salto nel buio viene osservato e protetto dall'amore. Diversa la questione della fede, dove chi crede, chi pone la propria fiducia, anzi la propria fede la destina nei confronti di un Signore che non ha la precarietà umana, non ti tradirà mai. E, di più, suggeriva all'uscita una delle centinaia di donne in maggioranza in un rapporto di uno a dieci rispetto ai maschietti, la fede ti butta sempre un microfono dal cielo. In ogni momento e ovunque tu sia.

Informazioni aggiuntive

  • autore: Tonino Zana
  • giornale: Giornale di Brescia

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