Il prof. Casadei tiene con un mano un ombrello e con l'altra stringe un'antologia da cui capta le rime dell'Alighieri, stando in campo la relazione tra «Eros-Beatrice e Tanatos», tra amore e morte, stigma di questa edizione del Festival
L'ombrello viene prersto dismesso. Ed entra in campo lavoce del Sommo poeta, che fu filosofo nel suo Convivio, abbandonato al quarto dei quindici capitoli sospesi, per amore e per dolore di Beatrice, conosciuta in una fulminazione platonica a 9 anni e scomparsa a 18. Ecco il quinto canto, ecco Francesca: «... "Amor che a nullo amato amar perdona", preso in prestito da Dante quasi a illudersi, per via poetica, che a ogni amato non sarebbe concesso di non amare...».
La medesima vocazione. Beatrice apparve subito nella Vita Nova, in rime stilnoviste, nella arci nota dichiarazione affidata ad ogni generazione per sette secoli e oltre: «Tanto gentile e tanto onesta pare...». Il prof. Casadei entra magistralmente nelle aggettivazioni: «Gentile significa nobile e nobile è colei che conosce il sentimento d'amore e legge nell'altro la medesima vocazione amorosa».
Dante è sconvolto, torna a casa, vuole capire cosa significhi l'incontro, il saluto-silenzio di Beatrice e si assopisce finendo in un sogno erotico: Beatrice è nuda nelle mani di un uomo e vede il sangue. Siamo alla profezia dantesca di una morte prematura: Beatrice apre la sua breve storia esistenziale a una sorta di immolazione per redimere, d'amore-salvezza, il prossimo: «Beatrice è beatitudine, è il porto della salvezza per l'umanità».
Eros e tanatos intrecciati. Dunque, si muore per vivere, si finisce per incominciare ed aprire a un amore di liberazione. Eros e tanatos, appunto, si intrecciano. Il relatore ricorda la abilità narrativa e quindi le invenzioni di Dante, in un turbinio di cadute e sollevazioni tra materia e spirito. Nelle Rime Petrose, il poeta cede a un erotismo perfino sado-masochista e quindi si pente, penetrando in un Giubileo da cui si purifica, entrando «Nel mezzo del cammin di nostra vita».
Ora la morte e l'amore si svolgono, ripetutamente e distinzione nel suo al di là.
Beatrice muore e Dante aspira a una liberazione dal senso di colpa per averla non amata allo stesso modo quando è morta. Il prof. Casadei è preciso: «Dante sceglie di essere fedele in eterno a Beatrice per la ragione che l'amore si esplica oltre il termine della vita terrena. È supremo amare dopo la morte...». E questo stato di dolce supremazia verrà rilanciato nel De Vulgari Eloquentia, quando «il poeta va a caccia di cose supreme e insedia il dettato di un amore puro».
Superare il non ritorno. La conclusione del prof. Alberto Ca sadei, in questo appuntamento orceano, riferisce la fede di Dante in un amore universale, riassunto dall'umanità e consegnato a Dio. In esilio perpetuo, il rabbuiato Dante esige di incorporarsi nella visione più alta dell'amore, che superi il non ritorno, e la scorge e la interpreta in questo amore oltre la morte per l'intangibile Beatrice. «Il poeta va a caccia di cose supreme e sceglie di essere fedele in eterno»