Presiedeva Francesca Nodari e portava una notte e sentimenti caldi e padani all’ospite d’onore, cittadino onorario di Villachiara, al filosofo Salvatore Natoli, con il compito di trattare la questione gravida di attualità, «Fame di giustizia». Saluti amici dei sindaci di Villachiara e di Orzinuovi, Angelo Riccardi e Andrea Ratti, insieme l’assessore alla Cultura di Orzinuovi, Sandro Battaglia, introduzione di Maddalena Roncali, donna della prima ora per la fondazione dell’avventura filosofica. Dovevate esserci nel catino dell’agorà delle Vittorie, il formentone tutto intorno al rettangolo della lunghezza di una pista da gara di bighe concavalli nello storico film, Ben Hur, con la folla ferma per curiosità e bollori da prendere in confidenza altrimenti le gambe sarebbero cedute.
Oltre Expo. Fame di giustizia e fame di qualche refolo d’aria. Visto a mezza distanza, Natoli non consuma una goccia di sudore, forse perchè la filosofia, in parte consola e assorbe,dice subito, ma soprattutto inquieta ma senza ansie malandrine, nel clima dei nervi saldi, per un’attesa, una spiegazione. «Fame di Giustizia» dice subito il prof. Natoli, non per richiamo all’Expo, che pure è lodevole nel titolo e va presa per il suo senso fieristico. Ma la fame di giustizia non sta in fiera dove si spende per guadagnare, mentre qui, alle Vittorie, per esempio, si arriva per pensare gratis. Perché,si chiede il filosofo, a fronte di una riconosciuto e macroscopico senso della giustizia sul dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, mettiamola così, posto nella coscienza di tutti,la fame rimane e la diseguaglianza si allarga? Come mai tutti siamo in fila a denunciare ilcrimine della fame e la fame sta sempre al centro della nostra colpa? Quanto conviene questa colpa? Natoli spiega che la questione è millenaria, ricorda le processioni con la benedizione finale ai quattro angoli delle campagne, «dalla peste, dalla fame e dalla guerra liberaci o Signore»;riprende i passi di Isaia e di Amos nella Bibbia, «aspettatemi voi che siete in cerca di giustizia perché da me uscirà lalegge, il mio diritto sarà la luce dei popoli».
Con Aristotele. Dunque, spiega Salvatore Natoli, «la giustizia trova la sua dimensione concreta nella legge come dispositivo di relazione tra uomini». Aristotele laicizza lo stesso concetto: la giustizia è il giusto mezzo tra il più e il meno. Nella cultura egizia, il faraone detterà per sé e il popolo, il compito di rendere eguale la giustizia divina con la sua giustizia. Un potere giusto non può fare a meno della giustizia, perciò la vera politica deve garantire subito un fondamento indiscutibile di giustizia. Natoli rimprovera agli uomini di disattendere la giustizia perché non si è alla sua altezza, perché, in qualche modo ci si sottrae alla sua regia di ordine delmondo. L’uomo pare preferire il disordine per garantirsi la propria ingiustizia.
L’ombra greca, poi la Parsi. La ragionedelpotere,della politica è di una tutela del debole a cuiaspira, naturalmente e millenariamente, la giustizia. Spesso si sospende il diritto per permettere che si riformi. La questione della Grecia bussa alle porte delle Vittorie e rende tutti pensosi e preoccupati. Sarà meglio ritrovare la nostra linea cosciente e per bene piuttosto di sospenderci il diritto. Altrimenti il rischio riguarda l’impossibilità di un ritorno del diritto a tempo incalcolato. Domani sera, il Festival chiude a Castelmella con l’intervento di Maria Rita Parsi in piazza Unità d’Italia.