Sono già sulla stessa linea, come di fratelli maggiori e minori, temporalmente, però fratelli eguali di una inseparabile religione storicizzata. Francesca Nodari, di nuovo in azione con questa ultima puntata sul «FareMemoria» invita a non bere l’acqua avvelenata della noia, di chi traduce il vecchio e ancora più il nuovo antisemitismo come negazione. I giorni ci danno torto, le morti si ripetono e gli ebrei hanno paura, indicando a se stessi un nuovo esodo. Dunque, il prof. Borgonovo «finge» per primo e cita al passato la sua frase centrale intorno al dialogo: «Gesù era ebreo fra gli ebrei». Bendaud «finge» indignazione e sostiene la parte: «Borgonovo usa il passato e noi ebrei invece diciamo che Gesùè ebreo tra gli ebrei, non ci relegate nell’Antico Testamento».
Gianantonio Borgonovo: «Tutto muta con il Concilio Vaticano Secondo con la riflessione di Paolo VI in “Nostra Aetate”. Non rompe con la tradizione ma inserisce formalmente la responsabilità del mistero. Nel capitolo quarto si legge: “... Contemplando il mistero proprio della Chiesa...”, aprendo al dialogo cristiano - ebraico e allungando la distanza della rottura». Quando avvenne la separazione tra cristiani ed ebrei? Borgonovo risale al 100 dopo Cristo, ebrei e cristiani quasi si confondono, ma la storia introduce la rottura: la seconda rivolta giudaica contro i Romani scatena l’ira dell’imperatore Adriano, gli ebrei debbono essere cancellati dalla faccia della terra.
Da dove viene questa specie di virus romano che riesce nello stesso tempo, a far odiare ebrei e cristiani e a fabbricare divisione tra loro? Bisogna pensare a una competizione dei martiri, ai nostri Faustino e Giovita che vengono cercati, torturati dagli uomini di Adriano e decidono di andarsene soltanto quando Dio decide di togliere loro la potenza dei miracoli. Tutto torna nel luogo in cui si cerca il dialogo e don Armando Nolli, parroco di San Faustino e Giovita e di San Giorgio, indica i segni romanici dove oggi si piazza la schiena del tempio: tre absidi e tre finestroni mal ricavati dal potere rinascimentale. Da lì passava la richiesta di perdono dei condannati a morte in piazza Loggia.
È impossibile immaginare, don Armando, carissimi professori Borgonovo, Bendaud e Nodari, che non si flettessero nello stesso momento e allo stesso modo, cento condannati, cristiani e ebrei, chiedendo lo stesso perdono, alla città e alla famiglia, per affermare l’ identità di una religione che si consegna all’altra con le parole profetiche della comprensione. Perciò, anche oggi, in cui vengono assassinati ebrei a Parigi e in Oriente e Cristiani in Oriente e in Africa per quale ragione non si dovrebbe affrettare la velocità del dialogo? Perché non sospettar che minuscole particelle di altre shoah si vanno formando e dovrebbero spaventare il mondo e non solo un popolo? Perché non stare dalla parte del «Fare Memoria» di questi «Filosofi lungo l’Oglio» di Francesca Nodari che ora prepara per il 6 marzo, a Orzinuovi, il Giorno dei Giusti e si inoltra verso un’estate di pensieri antichi, moderni e contemporanei, con centinaia di appassionati tra chiese e palazzi, piazze e cascine, nel compleanno dei 10 anni di questa ventura da applaudire e continuare? Perché no?