Marc Augé parla nella chiesa parrocchiale di Fiero, carico di un applauso molto distante dalla fiducia minima e invece orientato a esprimersi per conoscenza, per scelta tra un relatore così e così e uno eccellente come lui, antropologo ed etnologo rinomato nel mondo e che porta in tasca un ultimo libro intonato al tema del Festival dei la fiducia. Più precisamente, il direttore del Festival, Francesca Nodari, gli ha proposto una trilogia e il professore ha accettato anche per questa confidenza con il suo testo intitolato «Le nuove paure. Che cosa temiamo oggi?». Ieri sera, passato il cielo striato di lividi d'acqua, con la temperatura dei fiati di centinaia di persone, altrimenti si sarebbe stati a più 16, e ciao estate del Nino, compreso il tepore del saluto del vicesindaco, Enrica Fracassi e del sindaco Nadia Pedersoli, sapide di tenerezze identitarie e gratitudine alla filosofia dell'acqua e della terra, Marc Augé ha rispettato il dovere del docente, fedele al compito di trattare la questione su «Fiducia in sé, fiducia nell'altro, fiducia nel futuro».
Del resto, ricordava Francesca Nodari, il professore è tifi habitué del Festival, da noi per la quarta volta con un pubblico che ieri sera è venuto da Lugano a Fiero, da Milano, Crema e Brescia con la puntualità di chi ama ascoltare le conferme e le rinnovate accensioni culturali di un pensatore per aggiungere riferimenti alle mappe, al viaggio, alla rete di cui si è preoccupata subito Enrica Fracassi. Marc Augé analizza il viaggio del passato, stabilisce gli antipodi, ieri idealità rivoluzionarie, oggi dimissioni da entusiasmi idealistici, pigrizie pericolose. La fiducia in sé, dice, dipende dalla reazione degli altri nei nostri confronti, formando il circuito di stima e autostima, secondo un'azione che non è mai deduttiva polche la fiducia è preziosa e insieme fragilmente umana, esposta all'errore.
Eppure, senza fiducia, non esiste la società. La fiducia minima è un indicatore del carattere democratico di un mondo, ma questo valore del minimo non è facilmente raggiungibile. Gli esclusi, per esempio, che ragione potrebbero avere per coltivare un fiducia minima? Invece, la problematica della fede, religiosa e/o rivoluzionaria ha a che fare con il cortocircuito della ragione per cui se registro il fallimento del socialismo reale posso sempre rifugiarmi in quello ideale e se in campo religioso fatico a stare di fronte al mistero posso accedere all'idea di coriversione come nascita, all'accettazione di un assoluto, Marc Augé non si accontenta di stare tra un assoluto incontestabile e un relativo minimo e instabile. Sce glie e propone uno spazio nuovo e insieme uno spazio non sufficientemente indagato e vissuto nei secoli del non unico Rinascimento. Marc Augé indica la «Fiducia Umanista», che non è abitudinaria e non è fraudolenta e si carica di umanesimi antichi e moderni, di un'apertura all'altro siccome non esiste un'identità individuale in assenza dell'altro. Non si accontenta di declinare il nuovo tipo di fiducia, ma la arricchisce di un kit metodologico e sostanziale. E qui, con ogni probabilità, registrando dal fondo della chiesa la tensione del popolo dei filosofi, conquista la chiesa della conversione di San Paolo.
Don Valerio, là vicino, dev'essere stato contento per queste conversioni evocate da fede, ideali e principi, laici e cristiani. Occorre, aggiunge Marc Augé - questa la punta di soddisfazione di don Valerio, del sindaco e dei vicesindaco di Fiero, con un hurrà intimo della dott. Nodari - occorre una politica della fiducia per lottare contro la solitudine e contro l'ignoranza, per ridurre le diseguaglianze e allontanarsi dall'abisso, tenendo conto del fallimento delle utopie. Con la diffida severa, apparentemente morbida per via della erre moscia, nei riguardi della frettolosità della fede e con una simpatia verso quel valore di «ogni uomo tutto l'uomo» di sartriana memoria. Rinforzando la fiducia umanistica, la politica della fiducia contro la solitudine e l'ignoranza e la richiesta di una Protezione della curiosità.