Unanime la giuria composta da Salvatore Natoli,Amos Luzzatto, Adriano Fabris, Ilario Bertoletti, Azzolino Chiappini, Francesca Nodari, Aldo Magris, Maria Rita Parsi e cui si è unita, inattesa e molto gradita, la sorella del compianto cardinal Martini, questa signora Maris, venuta sul Garda a inaugurare un eremo intitolato al già arcivescovo di Milano e spostata subito sull'Iseo per l'amicizia con il direttore del Festival dei Filosofi, Francesca Nodari, incuriosita di questo dire così bene di un evento che, suggerisce, le piacerebbe potesse spostarsi di un paio di fiumi più in là, verso la sua terra piemontese, così da accontentare lei e il conterraneo Paolo De Benedetti. Proprio due passi verso la Dora, infine nel Po subito dopo, che tutti accoglie, come seguendo le orme di questo libro, «Ciò che tarda avverrà». Saluto gradito e risolto con un pensiero non formale dall'assessore regionale alla Cultura, Cristina Cappellini, la quale appartiene all'énclave di Soncino e dunque vive l'Oglio e la filosofia di una terra che anima il pensiero e da esso è rinvigorita. Donne forti sul palco, Nodari, Martini, Cappellini, ma ilpremiato è un sapiente che congiunge le attese dei cristiani e degli ebrei, dei credenti e dei «chissà», agitando il dubbio che agita, si legge nella laudatio suggestiva, il «marrano del ponte», chi vive in sospensione per accogliere.
Il prof. Fabris, che questa sera sarà alla cascina Vittorie, tra Villachiara e Orzinuovi, per parlare su, «La fiducia non si ha, ma si dà», legge e commenta la laudatio composta da Ilario Bertoletti, alla ricerca anche di quel settantunesimo senso, uno in più di quelli previsti dalla Torà per scuotere il passo in cui Dio e la persona si parlano, forse si vedono in un posto, nel dialogo della Bibbia con se stessa, come spiega subito dopo il prof. De Benedetti, per sciogliere l'enigma e garantire che «Ciò che tarda avverrà», per la fedeltà alle parole espresse da Paolo De Benedetti, e cioè io credo nella fede e anche se tarda, ìo credo. L'attesa, spiega, non è finita, né per i cristiani né per gli ebrei e ciò li congiunge già in una eguaglianza di emozioni e di meriti. Aggiunge che l'attesa è la garanzia di un Dio che conosce i suoi debiti per un dolore accaduto e inspiegato, per un credito della sua umanità. Il debito-credito emerso come un grido divino e soffocato, ma non del tutto. Il settantunesimo senso, perciò, è la stella lontana, la promessa che brilla nel cielo, il rimettere i debiti e insieme il pagarli.
Ma certamente, quanto tarda, io non lo vedrò, avverrà dopo la mia morte. prof. Natoli abbraccia il prof. De Benedetti con doni straordinari: la memoria di uno studio rispettoso e la fedeltà a una diversità che sembra accorciarsi. Anche noi due, spiega Natali, ci distinguiamo nel credere, per me questo tuo Dio è onnipotente perchè inafferrabile, anch'io credo nella redenzione, ma ritengo sia dovere degli uomini per il riscatto. Poi compie passi sul ponte, verso De Benedetti e conclude: «Si può non credere che ciò che tarda avverrà; ma non si può escludere che ciò che tarda avverrà». Non sono sofismi, alla loro nobile età, sul ponte tra il finito e l'infinito, non ci sta una virgola fuori posto, si scivola nel vuoto del nulla. Si sparisce, si perde l'orizzonte di «Ciò che tarda avverrà».