Un giusto per aver contribuito alla riscoperta della Bibbia e avere restituito al popolo ebraico la posizione che gli spetta nel disegno di Dio, lottando contro l’antisemitismo. Un maestro che ha illuminato la Chiesa italiana,indicando la strada per comporre la spaccatura tra fede e vita quotidiana.Un cristiano che, forte della fede che non teme nulla, custode della propria libertà interiore,promuove l’incontro con tutti. Questo, e molto altro, è stato il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), ricordato ieri in Vanvitelliano celebrando la «Giornata europea dei Giusti».
Il mattino la proclamazione al parco Tarello, il pomeriggio l’incontro seguito con grande interesse dal pubblico. Del resto, gli ospiti erano di eccezione. Il Vescovo Luciano Monari, ilrav Giuseppe Laras(già rabbino capo di Milano, ora guida la comunità di Ancona), la sorella del cardinale, Maris Martini Facchini, il giornalista Marco Garzonio (autore di una biografia di Martini), don Damiano Modena (suo segretario dal 2009 alla morte), l’editore Arnoldo Mosca Mondadori. Dopo il saluto del sindaco Emilio Del Bono («Ricordiamo un uomo coraggioso, aperto al mondo») e l’introduzione di Francesca Nodari, presidente di Filosofi lungo l’Oglio («Dialogo e ascolto: era il suo metodo per affrontare le lacerazioni del mondo contemporaneo »), mons.Monari ha sottolineato ilsuoduplice debito verso padre Martini. Innanzitutto come studente. Dopo ilConcilio«esercitò un’importanza enorme sulla formazione della Chiesa italiana».Conlesue lezioni di Critica del testo e sugli Atti degli Apostoli «ci trasmise il gusto della Parola di Dio.Ci insegnò che la comunità cristiana si è costruita sulla Parola». Poi come prete.
«Il suo magistero milanese ha illuminato la Chiesa italiana. Abbiamo imparato da lui lascuola della Parola di Dio». Come quest’ultima debba e possa essere «lampada ai nostri passi, ainostri comportamenti quotidiani». Il rabbino Laras lo incontrò nel gennaio del 1980, fresco arcivescovo di Milano. Un colloquio anticipatore. «All’inizio mi sembrò freddo, poi capii che i suoi silenzi erano ascolto, pienezza di pensiero per potersi esprimere compiutamente ». Aveva la fede vera, «che si apre agli altri, che alimenta il confronto».Con i noncredenti, con gli ebrei. «Realizzammo iniziative insieme nel nome dei comuni valori». Di Martini si può dire: «Il giusto vivrà in grazia della sua fede». E i giusti esistono perché«noi li ascoltiamo e ne raccogliamo l’eredità » ha sottolineato Garzonio. «I giusti sono seminatori, punti di riferimento per la Chiesa, la società, l’Europa in questi tempi difficili».
Un giusto «per educazione, formazione, esperienza e perché così l’aveva fatto Dio», ha commentato don Modena.Più familiare e domestico il ricordo della sorella Maris, che ha voluto definire l’ecclesiastico «uomo semplice, con un grande senso del dovere e di fedeltà verso la Chiesa».Unascoltatore straordinario, ha aggiunto Mosca Mondadori, «capace di grandi gesti e di aperture di cui la Chiesa avrebbe ancora grande bisogno ».