È il piccolo grande giuramento che centinaia di persone di ogni età praticano d'estate per alcune lezioni di filosofia lungo i paesi dell'Oglio e d'inverno, da quest'anno, ripassano per gli stessi posti e per posti nuovi a studiare la memoria della Shoah, si dichiarano, silenziosamente e profondamente, testimoni contro il male. «La memoria di Giobbe» è il titolo della riflessione e impegna la filosofia libera e cristianamente postcrociana del prof. Natoli a inoltrarsi tra le piaghe di Giobbe e i soffocamenti di Auschwitz per fornire una risposta che stia bene a Giobbe, nel primo giorno ideale senza testimoni diretti dell'Olocausto. E che stia bene a tutti noi per quella pace universale cara a Natoli, agli ebrei e ai cattolici. Dunque, Giobbe, di che ti lamenti se hai Dio come compagno, incalza Natoli? Giobbe, forse, vorrebbe lamentarsi di una moglie decisa a vederlo sparire nel cuore di un'assenza di male e non accetta quel suo «benedici Dio e muori», che, dice il prof. Natoli, sente tanto di un addio al Signore, di un andarsene ognuno per la propria strada con tanto di sigillo separatorio. Dunque, popolo dell'Olocausto, perché insisti a cercare il posto in cui Dio si sarebbe nascosto durante la produzione del male umano contro gli ebrei, se Dio c'era e stava invisibilmente al centro del suo regno? Incalza di nuovo Natoli.
Sottolinea la differenza dei due mali, naturale quello della sofferenza fisica di Giobbe e architettato e attivato dall'uomo quello dell'Olocausto. Eppure, aggiunge, entrambe queste afflizioni, una personale e l'altra di popolo e di massa vengono sedotte e divise da un unico soggetto, da un agente che compare subito nell'adunanza dei figli di Dio e viene troppo spesso dimenticato. L'intruso è l'agente del male, anzi è il male. L'intruso è Satana, ricorda il prof. Natoli, per eccellenza colui che divide, sedizioso per elezione. Il male esiste, non si redime o sparisce grazie all'innocenza, secondo l'antica equivalenza di buono uguale a benedetto e cattivo uguale a maledetto. Il male persiste e solo attraverso una lotta in campo aperto, nel buio della notte, riceve la risposta della resistenza umana. Giobbe sappia di avere un compagno nei patimenti della malattia e che questa compagnia si esalta come l'amicizia di Giobbe per il Signore; man mano il silenzio si ingrandisce.
Riprende il prof. Natoli: d'accordo sulla sistemazione della memoria di Giobbe, ma con la memoria dell'Olocausto come la mettiamo? Per quale ragione Dio ha permesso lo sterminio, quale è stato il motivo della sua apparente, suprema negligenza? Il filosofo risponde che Dio crea l'uomo a sua immagine e somiglianza, perciò lo crea libero, libero di compiere il bene o il male. È dentro l'esercizio della libertà che si scopre l'atto del bene e del male, sapendo che Dio è l'eterna possibilità di bene anche nel profondo della sofferenza.
La memoria di Giobbe e la memoria dell'Olocausto si dichiarano responsabilmente libere ed efficaci alla resistenza morale contro la sofferenza personale e universale. Contro l'aguzzino. E siccome l'uomo non coltiva sempre a fondo la memoria, può accadere che Giobbe si dimentichi della compagnia di Dio e che l'uomo regredisca nel ricordo della Shoah. La memoria è già il bene se si impegna a combattere e a denunciare la presenza del male, nel modo in cui è avvenuto quando e dove è accaduto e chi lo ha perpetrato.
Secondo la condizione fondamentale di un'unità umana che tenda a rendere universale l'impegno di un'innocenza popolare contro il progetto, l'attuazione dello sterminio ed ora il tentativo di negarlo. Con la memoria, istruisce Natoli, educhiamo noi stessi a «diventare esercizio di resistenza e pratica di vigilanza».