Il tema delle sette volte insieme è «Fare memoria: che cosa è stato?». Si scava, per primo, nei significati. La memoria per non perdere la memoria, la memoria del male per non replicare il male, la memoria come alleato privilegiato contro la crisi divenuta, ormai, la nuova grigia attrazione a dimenticare ogni cosa, tranne se stessa, la crisi. Diceva bene ieri mattina, nel saloncino del Turismo in piazza Loggia alla presentazione dell'evento, il sindaco di Travagliato, Dante Buizza, new entry con Corzano dell'associazione nodariana, (alleati storici Brescia, Castrezzato, Orzinuovi, Orzivecchi, Villachiara, Ostiano), allorchè istruiva la memoria quale strumento e in parte sinonimo di una fede indimenticabile fondamento di libertà.
Francesca Nodari viene salutata da tutti, sindaci e relatori, amici e scettici del primo tempo, creatrice dell'idea vittoriosa di una filosofia consumabile sulle rive dell'Oglio, negli spazi delle piazze, sulle aie delle cascine; vittoriosa nello scrutare anticipatamente, un bisogno della città e della provincia a sedersi accanto al pensiero e ad ascoltarne le varie modulazioni storiche e attuali, a riprendere il filo del dimenticato, la scuola e il testo, la conversazione e la gioia di un nuovo lumicino in fondo all'anima. Che è il guadagno già ricevuto per lo star dentro la scialuppa - ormai bastimento -, dei Filosofi lungo l'Oglio, per aver riscoperto il talento di una sorta di neo evangelismo parzialmente orizzontale, eppure legato alla illusione mai consumata di una spiritualità che conversa con l'umanità, secondo la speranza di una riappacificazione tra gli opposti, quando l'abisso si obliqua verso il fondo.
Dunque, la memoria contro la acuta noia della crisi, la cultura della shoah contro chi nega per costruzione misteriosa o disperazione inconscia il male nazi-fascista. Sono sempre vivi i negatori dell'oltraggio, i carnefici iscritti alle liste di un male conveniente, di un male pagato, di un male a portata di mano rispetto a un bene da conquistare con fatica e sempre. La dott. Nodari evoca Levinàs, il pensatore, uomo di Auschwitz, ripropone la sua memoria, di quel cane Bobby maestro di pietà degli aguzzini. Forse leccava le mani a chi veniva da lontano e mostrava il caldo di un'altra carne naturale. Di Levinàs si rilancia un tempo da far fruttare anche in quei campi, e la percezione di un'umanità piena, proprio quando si stabiliva un'ora possibile di vita, «che è la perversa felicità nella sofferenza», il mistero di un (per)dono lievemente consapevole per il torturatore. Ma dovremo capire il male solamente quando il negazionismo sparirà, altrimenti rimane soltanto di alzare la bandiera della memoria. E della sua lotta.