Una stella di cui si intravede lo splendore e di cui si avverte l'assenza. Sta tutto qui il desiderio? Il termine deriva dal latino desiderare, "sentire la mancanza di", derivato di sidus, "costellazione, stella". E di "stare sotto le stelle in attesa di qualcosa" non si può fare a meno dalla notte dei tempi. Desiderare è anche la parola chiave della nuova edizione del Festival Filosofi lungo l'Oglio, in programma dal prossimo 5 giugno al 24 luglio. Fedele al fortunato binomio luogo-pensiero, il festival prevede 32 appuntamenti in 21 municipalità tra le province di Brescia, Bergamo e Cremona.
La filosofa Francesca Nodari, presidente della Fondazione Filosofi lungo l'Oglio e direttore scientifico dell'omonimo festival ne spiega direttrici e tema.
Professoressa Nodari, "Desiderare" è il tema della nuova edizione di "Filosofi lungo l'Oglio"perché questa scelta?
«Il comitato scientifico del festival sceglie ogni anno una parola chiave attorno alla quale chiama i maggiori pensatori contemporanei per riflettere insieme, ad esempio, su un verbo che abbia molto a che fare con la nostra contemporaneità. Per quanto riguarda il desiderio ci troviamo in una società dove si tende a desiderare qualcosa e dove si fa fatica a distinguere sul serio ciò che si desidera da chi si desidera. Cioè a distinguere tra un oggetto desiderato e un altro essere che è come me desiderante e che è al di là di ogni mio tentativo di presa, di possesso. È questa la distinzione che riteniamo sia cruciale per la nostra società in cui si assiste a una logorazione della relazione, nella quale il soggetto è sempre dedito al proprio io ed è come ridotto a ciò che un grande filosofo contemporaneo Byung ChulHan definisce "Phono-sapiens"».
Ma che cos'è il desiderio?
«È una domanda molto grande. Se vogliamo richiamare Michel Foucault ne Le parole e le cose, il desiderio è "ciò che rimane perennemente impensato nell'intimo del pensiero". Per Aristotele il desiderio è "l'appetizione di ciò che è piacevole" (De anima). Analogamente Cartesio lo definì come "l'agitazione dell'anima causata dagli spiriti che la dispongono a volere per l'avvenire le cose che essa si rappresenta come convenienti" (Le passioni dell'anima). Simile la definizione che offre Spinoza, per il quale il desiderio è "la tristezza che riguarda la mancanza delle cose che amiamo" (Etica). Ma desiderare, secondo Dewey, è altresì: "L'attività che cerca di procedere per rompere la diga che la trattiene", mentre per Heidegger il desiderare è connesso con la natura del Dasein come essere progettante. Desiderare, a ben vedere, potrebbe essere assurto ad una sorta di leit-motiv del nostro tempo. Di un presente difficile, iperconnesso, liquido, in preda alle incertezze e alle paure anestetizzate da promesse di felicità che diventano presto illusioni o delusioni e in prestazioni trasformate in atti apparentemente discrezionali come se fossero il frutto di desideri individuali liberi. In realtà, come spiega Bauman ne L'etica in un mondo di consumatori, il segreto di un sistema sociale duraturo consiste nel "fare in modo che gli individui desiderino di fare quello che il sistema necessita che essi facciano per poter riprodurre se stesso."».
E cosa è diventato oggi nella nostra società consumistica e iperconnessa?
«Il punto nevralgico è proprio questo. Torno alla distinzione tra soggetto desiderante e oggetto desiderato. Oggi viviamo in un'era della cecità morale per dirla con Bauman ovvero nel paradosso di un continuo volere che porta ad una banalizzazione del desiderio autentico. Per parlare dell'oggi vengono delle domande fondamentali: ad esempio: vale la regola che solo chi ha potere può desiderare? O ciascuno di noi naturalmente può farlo? Si può desiderare da soli? Riusciamo ancora, oggi, a distinguere la differenza che passa tra desiderare, ad esempio, di bere un sorso d'acqua o imparare una lingua e il desiderare chi non potrò mai ricondurre a me? Per dirla con Levinas, l'Altro, colui che mi convoca e mi invoca e mi dice di "non ucciderlo" e di "non lasciarlo solo"? Si pensi ad esempio oggi a quello che potremmo definire il desiderio malato: la grande piaga del femminicidio è un esempio estremamente calzante».
In che maniera i social hanno influito sui desiderata dei tempi moderni?
«Senza demonizzare il diffuso utilizzo dei social non si può però esimersi dall'affermare che essi per ricollegarci all'incessante logorio del simbolico - ci conducono a quelle che Marc Augè definiva promesse di relazione. Si comunica, ma non ci si parla, non ci si incontra, si è spesso oggetto di attacchi, di offese, di ingiurie che provengono dai così detti leoni di tastiera. Ci illudiamo di desiderare qualcosa e di condividere magari questo desiderio con coloro che sono amici su FB (quanti di costoro conosciamo, davvero, nella realtà?), ma tutto questo è ridotto al click di un semplice like, alla frenesia della condivisione di questo o quel post».
L'Intelligenza artificiale come si relaziona col desiderio?
«L'intelligenza artificiale va innanzitutto normata, regolamenta, conosciuta senza dimenticare che l'imperversare della tecnocrazia rischia di ridurre l'uomo, per riprendere Giinther Anders, a un qualcosa di antiquato».
Il desiderio nasce da una mancanza, da un vuoto o è alimentato da un'utopia, da un sogno da una meta da raggiungere?
«Da un lato il desiderio nasce da una mancanza, da un vuoto; dall'altro è proprio la consapevolezza di questa mancanza che ci porta a desiderare sul serio. Infatti occorre ricordare la differenza che passa tra la nozione di bisogno e quello di desiderio. Nel primo caso come si diceva sopra, il bisogno consiste ad esempio nel soddisfacimento di necessità primarie: ho bisogno di nutrirmi, ho bisogno di dissetarmi, ho bisogno di respirare per poter vivere. Dall'altro il desiderio è ciò che non può mai essere saziato e ciò che si alimenta di sempre nuove "fami". È un movimento senza posa che porta, richiamando Levinas, ad uno scollamento del Medesimo e che mi volge, in una diuturna temporalizzazione del soggetto, verso l'Altro. Di qui la splendida espressione: il desiderio è "prurito temporale" ».
Ricordando Zoja "il prosciugarsi dell'eros" ossia "il declino del desiderio", lei registra "una tendenza che è in atto in Occidente e che potrebbe estendersi all'intero pianeta". Come stanno le cose? Finito l'eros e con esso il desiderio?
«Non è finito l'eros, ma si sta "prosciugando". Per citare Zoja stiamo assistendo ad una "fuga dall'intimità dei corpi". Oggi, insegna il noto psicanalista "la vita erotica incontra nuovi problemi perché deriva da una sottrazione: è quello che sopravvive dell'amore quando è stato privato del mito"».
Si può vivere senza desiderare? ? E che vita è quella priva di desideri?
«Non si può vivere senza desiderare. Si deve desiderare, nonostante tutto».
Osare, invece, è stato il tema della scorsa edizione del festival. C'è un filo rosso? Desiderare e osare camminano insieme?
«Desiderare e osare camminano insieme nel senso che si tratta di una ulteriore indagine, se così possiamo dire, del "sapere aude" kantiano su come si desidera oggi. Vale a dire sviluppare la propria capacità di pensiero critico e di ragionamento autonomo su che cosa è desiderio e cosa lo è solo apparentemente. Semplificando molto, potremmo cominciare col dire che oggi il nostro desiderio si è infilato in un cono d'ombra: per un verso vorremmo essere immuni dal rischio di essere "contagiati" dal desiderio dell'altro, per l'altro proprio in quanto essere umani non possiamo rinunciarvi».
Qual è il desiderio che bisogna conservare ad ogni costo?
«Il desiderio dell'Altro e del Bene o meglio, come direbbe Vasilij Grossmann, della "piccola bontà"».