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Lunedì, 28 Giugno 2021 16:04

MEGLIO UN BEL TATUAGGIO CHE L'ETERNA BEATITUDINE

Il destino del corpo. Oggi lo curiamo, vezzeggiamo e alleniamo: la promessa cristiana di portarlo nell'Aldilà è ormai poco convincente perché la morte non è più vista come un passaggio a un'altra fase dell'esistenza.

Tatuato, truccato, allenato, palestrato e cesellato ad arte, curato e medicalizzato a oltranza, il corpo è il grande protagonista del nostro tempo. Il fatto è che la vita dell'anima nell'eterna beatitudine (o nell'eterno castigo) promessa dalla religione cristiana è divenuta un'aspettativa fumosa e poco convincente. La morte ha cessato da tempo di essere il passaggio a un'altra fase dell'esistenza e si è ridotta a una semplice uscita dalla vita. Di conseguenza la vita del nostro corpo è l'unica vita che abbiamo, è la nostra unica possibilità individuale alla quale ci avvinghiamo tenacemente. Quali sono le conseguenze sociali e soprattutto le dimensioni filosofiche aperte da questa concezione?

Abbiamo un unico corpo, abbiamo solo un corpo, la vita del nostro corpo è l'unica vita che abbiamo e quella vita è la nostra unica possibilità individuale. Possiamo certo trasmettere la vita della specie riproducendo, al seguito della pulsione biologica, la vita collettiva, la vita della specie. Possiamo persino dimostrarci cosí aperti e altruisti da impegnarci oggi non soltanto per la vita dei nostri discendenti diretti o dei nostri connazionali ma anche per quella delle persone lontane nello spazio, e persino per quella delle persone lontane nel tempo, le generazioni future. A loro potremmo immaginare di lasciare un mondo sano, giusto e pulito, seguendo l'intuizione die fu di Hans Jonas e che è stata ripresa ed elaborata di recente da alcune correnti del pensiero ecologista e dell'etica della cura.

Tutto questo suona molto bello e altruista, ma alla fine è questo nostro corpo l'unico che abbiamo, hic et nunc, e ogni uomo è unico. Il fatto è che il processo di secolarizzazione ha condotto anche coloro che credono nelle religioni che promettono la vita eterna nell'aldilà, ad attaccarsi alla fugace vita a termine dell'aldiqua.

Il secolarismo, nella brillante ricostruzione fattane da Charles Taylor, filosofo cattolico credente, significa uscita della religione dalla sfera pubblica nonché allontanamento della gente da Dio e dalla chiesa e declino delle pratiche religiose. Si tratta di un fenomeno iniziato storicamente nel mondo occidentale intorno al 1500 e sviluppatosi in alcuni paesi più che in altri, e in virtù del quale la fede in Dio da assioma che era all'interno di un contesto in cui non credere era virtualmente impossibile è diventata un'alternativa, una possibilità umana fra le tante. La società moderna è diventata secolare cosí come è diventata democratica e mediatizzata e singolarizzatae questo è un semplice dato di fatto e la maggioranza dei suoi componenti sono di fatto laici (che siano fedeli a una religione, scettici, agnostici, dubbiosi, atei convinti). La vita eterna dell'anima nell'eterna beatidudine è divenuta un'aspettativa fumosa e poco convincente, cosí come pochi si dedicano alla cura dell'anima per garantirle l'immortalità. L'impegno contemporaneo, anche di molti credenti, più che mirare all'immortalità dell'anima, si concentra sulla cura del corpo, da mantenere in vita e proteggere dalla vecchiaia e dalle malattie attraverso interventi tecnici di vario genere e di diversa portata. Ci troviamo di fronte a un fantasma dell'immortalità che non si fonda sul predominio delle religioni quanto sul mito dell'uomo perfezionato dalla scienza e dalla tecnica. La cura dell'anima, gestita dalle chiese e dai loro apparati e allenata dagli esercizi spirituali ha ceduto il passo alla cura del corpo e del cervello allenati dagli esercizi fisici e mentali.

La storia mostra che per molti secoli in Europa la preoccupazione per la salvezza dell'anima immortale stava al centro e meno ci si occupava della salute del corpo. La preoccupazione principale era quella di «morire in grazia di Dio», confessati e comunicati e unti nell'ultimo sacramento, con la consapevolezza di non avere il peccato mortale sull'anima. Il peccato mortale, quello che condanna l'anima alla morte eterna.

Oggi la preoccupazione principale di tutti, credenti e non credenti, è di morire senza accorgersene (ma anche di non morire soli, che sono due desideri contraddittori).

Si nota questo passaggio di mentalità in un esempio illustre che è l'Amleto di Shakespeare, dei primissimi anni del '600. È il passo in cui lo spettro del padre di Amleto racconta al figlio le modalità della sua morte: il vecchio Amleto fu avvelenato da Claudio, lo zio del giovane Amleto, mediante istillazione di un veleno nelle orecchie mentre dormiva nel suo giardino. Il veleno è chiamato hebenon ed era stato forse prodotto con le bacche dell'albero del tasso:
«Mentr'io dormivo in giardino, com'era sempre mio costume al pomeriggio, tuo zio se ne venne di furto nel momento del mio più pieno abbandono, con il succo del maledetto hebenon entro una fiala, e versò ne' padiglioni delle mie orecchie quella lebbra distillata, il cui effetto ha una tale inimicizia con il sangue dell'uomo, che trascorre le porte e i viali naturali del corpo rapido come l'argento vivo, e con sùbita energia coagula e caglia il sangue più sano e delicato, come farebbero delle gocce d'acido versate nel latte» (Shakespeare, Amleto, I,5, 62-7o).

Qual era il senso di quella morte? di sorprendere nel sonno il re, impedendogli una morte cosciente! Questa infatti gli avrebbe permesso di pentirsi dei suoi peccati e forse di salvare l'anima dalla dannazione eterna. Pensiamo alle strade dei paesi e delle città italiane, ancora costellate da edicole in cui le anime del Purgatorio si dimenano tra le fiamme (le cosiddette anime in pena) invitando i passanti a dire per loro una prece che possa diminuire il tempo della purga e avvicinare la salvezza dell'anima stessa.

Oggi l'individuo con la sua vita sulla terra, singola e singolare, ha soppiantato l'idea dell'individuo cristiano dotato di un'anima che ha la possibilità di ascendere al cielo dell'eterna beatitudine dopo il giudizio di Dio e godere della vita eterna, perché l'individuo dotato di anima ha un inizio ma non ha una fine. In un certo senso il cristianesimo ha introdotto l'idea dell'individualità dell'anima personale, oggi sostituita dalla singolarità del corpo. E se la cura dell'anima era affidata al sacerdote pastore di anime, la cura del corpo è affidata al medico, delle membra e del cervello.



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