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Domenica, 20 Giugno 2021 17:49

Maria Rita Parsi: «Serve studiare e fare rete per le donne»

Maria Rita Parsi, nella serata di venerdì sera, alla piazzetta della Biblioteca comunale di Ghedi, é circondata da centinaia di donne. Lei, la "'rossa" della psicologia e della formazione educativa, è arrivata prima, a gustarsi questa aria di provincia, l'abbraccio delle donne di ogni età, rilanciando l'alleanza con i «Filosofi lungo l'Oglio» di Francesca Nodari e con la Rete di Daphne, ben rappresentata dal saluto ragionato di Enrica Consolandi, dalla bellezza vittoriosa di Pinki, ancora più bella e alta nel vestito lungo e rosso su cui pare riscritto il dramma di un ex marito che cercò di bruciarla siccome lei intendeva emanciparsi.

Il suo racconto è pacato, non tralascia nessun passaggio: i figli presenti alle fiamme, il tentativo del clan di ricongiungerla all'ex, la sua forza e l'amicizia profonda con i genitori, il difficile grido di aiuto, la necessità di testimoniare per insegnare e per rinforzarsi nella sua vita lunga. E il saluto di un'altra donna generosa, la dott. Sabrina Lombardi sempre pronta ad aiutare ad esserci per illuminare di sensibilità la sua Ghedi.

Dove siamo noi maschietti, molto più radi della pattuglia di dodici rondini decollata dall'aerobase li vicino e che ora fanno festa alle centinaia di donne? Siamo spauriti, uno ogni cinque file di donne e così non partecipiamo alla grande festa delle donne contro la violenza nei loro confronti, che è la nostra festa, che è la nostra distanza da chi non rispetta il nostro mondo femminile.

Maria Rita Parsi, svelta, si accorge subito di questo pseudo esilio maschile e declina i comandamenti per non rimanere sole: che le donne non siano contro le donne e che gli uomini siano come San Giuseppe, guardie del corpo, presenti dalla nascita alla Croce.

Lei, psicologa delle cento pubblicazioni e dei mille convegni, esalta la fondazione creatrice della donna, la radice e la comunicazione con il nascituro; ricorda il tempo del matriarcato, quando la donna capi e scelse la responsabilità di un'egemonia e invita a diffidare del rapporto potere-controllo di quegli uomini diversi da Giuseppe, controllori per dominare e non per amare. Occhio, ricorda alle "sue" donne, ce ne sono di uomini-Giuseppe e non si faccia, di nuovo, secondo il pendolo radicaleggiante italiano, di tutta un'erba un fascio.

Empatia. La Parsi dispone di un'energia costante, la fornisce di un canto di tonalità elevata, s'imparenta con il pubblico subito, lo cerca con sguardi, quasi addita, reclamando responsabilità, scrivendo tra pubblico e aria la strategia per avanzare: «Formazione, formare i formatori, triangolo operoso tra famiglia- scuola-istituzioni, alzarsi in piedi contro la sospensione del giudizio morale come ricorda Bauman, batte mia povertà dei pregiudizi, denunciare una comunicazione soprattutto televisiva ispirata a violenza e priva di cultura, diffidare del mondo in cui non si muore mai, nell'immortalità del virtuale, controllare l'angoscia della morte. Si metta in campo il sapere, la conoscenza, ci si impegni a vivere imparando e candidandosi ad insegnare quanto si è imparato. No all'improvvisazione, alla cultura come titolo e senza andare sul fondo dove si trova quel sapere che abbatte la violenza, «E se ci risponderanno che tutto questo è utopia, risponderemo - grida Maria Rita Parsi - che in una mappa mondiale su cui non ci sia la capitale dell'utopia non ci si sta. Infine, scuola coni migliori operatori, scuola aperta dalla mattina alla sera: non basta puntare il dito, serve studiare, conoscere, fare rete, e guai alle donne contro le donne. Informare bene è già formare bene».

Gli applausi durano non virtualmente fino alla lunghezza di un atterraggio ordinato di responsabilità su tutte le aero basi del diritto umano, piazzate in ogni parte del mondo.



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