«La morte della filosofia», questo l'argomento che ha trattato, offrendo una vera lezione magistrale, che forse solo chi è in possesso dei rudimenti della materia ha potuto comprendere fino in fondo. Due le riflessioni che ha posto all'attenzione del pubblico. La prima sul concetto di morte che attanaglia gli esseri umani da sempre e su cui i filosofi, dall'antica Grecia in poi, si sono arrovellati.
«La filosofia si origina dalla meraviglia, dallo stupore di fronte alla mortalità - ha spiegato Cacciari - Gli astri nell'antichità erano considerati immortali, a differenza degli esseri viventi. È la differenza tra divino e umano. Tutto il pensiero nasce dalla reazione all'idea che la morte sia necessaria. Pensiamo alla medicina, che ragiona su cosa guarisce dal morire, dall'angoscia di essere mortali. Il mondo occidentale non si rassegna a quest'idea e reagisce con il pensiero filosofico, scientifico, religioso. Il trauma che la scienza moderna ha portato tra il 1500 e il 1600, con l'osservazione degli astri attraverso i primi cannocchiali, è stato quello di rivelare che anche loro sono mortali. Una catastrofe cui però si è reagito ancora, riflettendo sulla capacità dell'essere umano di dar vita a principi immortali. Ma anche qui si è obiettato che sono validi solo in determinati casi, sono mere convenzioni. Dunque ogni cosa è mortale, sebbene tutto si trasformi e l'energia non si consumi».
Quindi? «La filosofia ci invita a essere pronti alla morte in ogni momento - ha affermato - perfetti, salvi, cioè in salute, dopo aver vissuto pienamente ogni istante come se fosse l'ultimo e dovessimo rendere conto della nostra esistenza. Alle domande da dove vieni e perché non c'è risposta filosofica».
Cacciari non ha lesinato citazioni latine e greche, spaziando da Platone ad Aristotele a Spinoza, per arrivare ad argomentare la seconda riflessione, quella della morte della filosofia come attività, passando attraverso Galileo, Cartesio, Leibniz, Kant, Hegel. «La svolta epocale è segnata dalla rivoluzione scientifica tra il XV e il XVI secolo - ha evidenziato - nell'antica Grecia tra pensiero filosofico e scientifico non c'era differenza, perché senza principi la scienza non può svilupparsi, si riduce a descrizione di fenomeni. Tuttavia in epoca moderna la scienza della natura avanza l'istanza secondo cui ogni ragionamento sulle cose fisiche deve procedere secondo il modello della fisica matematica. Tutto il resto è metafisica, dunque astratto, vano. In realtà i libri di Aristotele sulla metafisica parlano di problemi che completano l'analisi delle cose fisiche, vale a dire i principi logici e ontologici. Kant nel XVIII secolo si pone il problema e dice che la scienza della natura, galileiana e newtoniana, fondata sulla matematica, non deve dimenticare i suoi fondamenti metafisici, cioè i principi a priori rispetto all'esperienza: lo spazio e il tempo, che appartengono agli esseri umani perché di per sé non esistono. Li misuriamo, è vero, ma in modo convenzionale. Quindi il grande dramma che si è presentato è la possibilità di una sconnessione tra il mondo della rappresentazione scientifica e il mondo dell'esperienza comune».
Dopo la rivoluzione scientifica la filosofia si è trovata a dover giustificare la sua esistenza. «Ci sono due strade - ha concluso il professore - accettare che la filosofia è morta perché la scienza ha l'assoluto dominio sull'esistente razionalmente conoscibile, con la sola possibilità di un lavoro storico sulla filosofia metafisica e di come raggiunge il suo compimento, oppure interrogarsi su cosa c'è oltre il compimento, sulle forme di pensiero non riducibili al paradigma filosofico-scientifico, su temi non trattati dalla scienza».
Cacciari ha infine espresso il suo punto di vista. «Totale insoddisfazione, occorre reagire alla morte della filosofia - ha osservato - serve il coraggio di riaffermare un'istanza fondativi che ponga questioni che non sono estranee alle discipline scientifiche ma che non possono essere indagate da queste ultime. Il pericolo mortale è che la scienza, concentrata nella sua disciplina, cada nell'astrattismo dal tutto: noi come ogni cosa nell'universo siamo invece connessi, nessuna parte fa da sé. Questo rischio è l'opposto della concretezza che contraddistingue la scienza, con l'esperimento che verifica ogni assunto, aspetto che è al centro del suo operare. È questa la prospettiva in cui deve muoversi oggi la ricerca filosofica».
Al termine della serata, un'ora e mezza molto intensa condotta da Francesca Nodari e partecipata da un folto pubblico, il professore ha ricevuto in dono alcuni volumi sulla storia di Caravaggio e sulle bellezze del territorio bergamasco da parte del sindaco Claudio Bolandrini, presente con alcuni membri della Giunta e del Consiglio comunale.