La condizione dell'uomo contemporaneo è complessa ed inquietante. Dibattuti fra angosce e solitudine, gli individui cercano rifugio nella spersonalizzante «vetrina» dei social oppure nascondono i loro drammi dentro menzogne dall'impalcatura fragile.
Parte dal concetto di crisi, tenendo come «faro» un vero gigante del pensiero filosofico, l'ultimo volume di Francesca Nodari «Temporalità e umanità. La diacronia in Emmanuel Lévinas» (Giuntina, Firenze), su cui l'autrice che è presidente della Fondazione Filosofi lungo l'Oglio ha conversato all'Arena Agrobresciano col giornalista Massimo Tedeschi.
Per trovare una via d'uscita, in un'epoca in cui «la paura della vita sembra avere sostituito la paura della morte», bisogna porsi prima di tutto una domanda: che cos'è l'alterità? Lévinas, ebreo francese di origine lituana, che trascorse cinque anni in un lager tedesco, riporta al centro la «natura dialogica» dell'essere umano. «La filosofia è tale solo se è qualcosa che ha a che fare con la nostra esistenza ed è in grado di prestare ascolto alle domande - nota la studiosa -: le persone sono stanche dei tali( show, delle finte relazioni e delle risposte pre-confezionate, caratteristiche come dice Marc Augé della surmodernità».
L'autrice cita papa Francesco, che ha portato al centro del suo magistero la nozione di misericordia e che «è stato molto sottovalutato. Ha cercato di far uscire dal guscio della propria identità ognuno di noi, rivolgendosi non solo ai cristiani, ma al cuore di tutti». La chiave di volta, dunque, è quell'incontro con «lo sguardo dell'altro», che «in una società planetaria abitata da un'umanità ferita, convoca e invoca», e che può condurre avivere il tempo che ci è concesso «in maniera autentica», liberandosi dalle catene dell'ego.