In vista della cerimonia di consegna di domani sera, venerdì, in piazza a Castegnato, il prof. Zucal risponde alle nostre domande nel suo studio a Trento, sempre aperto alle arie pensanti di ogni giorno, ai mutamenti sotto traccia, conservando l'anarchia dell'ultimo filosofo senza telefonino. «Preferisco - dice - l'incontro, il dialogo».
Prof. Zucal: se l'aspettava questo riconoscimento su un libro che riscopre ed esalta il tempo della nascita in giorni in cui la nascita è rara?
Non me l'aspettavo. E mi fa molto piacere, nel Paese della natalità drammatica. Ho osservato, in questi anni, l'attenzione sul bioetico, sulla fecondazione in vitro, sulla cosiddetta tecno-nascita. Ma il senso del nascere naturale era molto ignorato. Ho scritto «Filosofia della nascita», mi sono ritrovato a diventare il battistrada di alcuni colleghi che hanno ripreso la questione.
Che libro è, questo suo?
È un libro ampio anche nella quantità. Ho investito diversi anni di ricerca, ho cercato di costruire l'ambivalenza, partendo dal mondo greco fino ad oggi, l'Antico testamento, la visione cristiana con l'evento «scandaloso» del Natale, dove il Dio stesso nasce nel Gesù di Nazareth. Pure sono penetrato nel pessimismo leopardiano secondo cui "meglio sarebbe essere mai nati o morire al più presto". E la questione del nascere ha subito alcuni tradimenti nel Medio Evo con la fatica di accettare la nascita, una fatica così evidente e inquietante ai nostri giorni. Ma è avvenuto un contropiede proprio grazie alle donne. Una novità non di poco conto. Dopo il predominio maschile, sulla morte, grandi filosofi donne sono entrate con una ragione e un sentimento vigorosi nella questione nascita: Maria Zambrano e Hanna Harendt, Adriana Cavarero e Francesca Rigotti...
Intanto, prof. Zucal, pare di sentire passi leggeri di un ritorno alla vita...
C'è una valenza filosofica e politica sul tema della nascita. Per quanti provvedimenti economici si facciano per incentivare la nascita, da soli non bastano se non ci si re-innamora di questo evento. Ogni neonato riscrive il mondo, imprevedibilmente. Questa imprevedibilità ha sempre spaventato i regimi. La nascita è scomoda. Ogni neonato potrebbe rovesciare lo status qua. Si pensi alla Cina...
Perché lei invita più a rinascere che a rilanciare la questione della morte?
Mi sono laureato sul tema della morte. Sono un docente, sono un cattolico, parlo con i giovani, amo la filosofia. Sono passaggi di una stessa vita. In particolare ho verificato con i miei studenti la que stione e i loro stimoli sono stati importanti. Il libro è dedicato a loro. Il vuoto sulla nascita riguarda la cultura italiana ed è un'urgenza di responsabilità intellettuale. Per me il re-innamoramento della nascita è stato un elemento di passione e di fascinazione. Una responsabilità intellettuale. Una sfida filosofica e morale...
In un tempo di sterilità, di nascite scarse, non crede che prima si debba curare la sterilità dei pensieri e dei comportamenti di queste nostre stagioni?
La sfida è appunto la risposta alla domande sulla sterilità, lo sforzo per un ritorno alla nascita, quella nascita che I Iegel definì «un salto immenso, inaudito, quel primo grido del neonato uscito dalla sicurezza del grembo mater no»..
Prof. Zucal: anche questo festival della filosofia che porta con sé decine di migliaia di persone rappresenta un tempo di rinascita...
C'è un bisogno famelico di pensiero, contro un assopimento, un instupidimento che potrebbe portare a esiti drammatici. Ma oltre la stupidità c'è il desiderio di riflettere, di rimetterci in ricerca per rompere la crosta della stupidità, spesso indotta: è la sfida doverosa del nostro tempo. Il percorso svolto dalla dott.ssa Francesca Nodari, a cui va il mio apprezzamento, va in questa direzione.