Mercoledi sera l'abbattimento del confine, la lezione al Cineteatro Astra di Calcio. La lezione è proprio di Francesca Nodari, la questione è il Generare e lei tratta del «Generare umanità. Per una responsabilità incarnata». La sua analisi penetra nel cuore della società vivente. L'incarnarsi è questo confondersi con il corpo, riportarlo a un respiro largo con l'ossigeno dell'analisi filosofica.
Il farsi carne è subito prendere atto, senza sconti con se stessi, dell'incertezza in cui siamo immersi, quel porre la testa all'indietro e osservare cronicamente il passato per la paura del futuro. Nodari risfoglia il testo di Baumann, «Cecità morale» e riprende il vigore nell'affermare di un male dentro di noi, di un male estremo rinvenente.
«Condivido pienamente Baumann dice la relatrice quando sostiene l'origine del male nella mancata reazione alla sofferenza degli altri. Siamo malefici se ci giriamo dall'altra parte appena scorgiamo il bisogno, il segno di una difficoltà umana profonda. Si entra nel campo dell'indifferenza di un'accidia portatrice di danni irreparabili. Ci deriva da uno stato di oblio nel riconoscere l'altro. Siamo arrivati spesso alla sospensione del giudizio morale, all'accettazione acritica di ogni notizia, di ogni affermazione. Le false notizie sbucano da questa assenza morale e da una crescente tendenza ad isolarsi».
Anestesia. La dott. Nodari toglie il velo a quei procedimenti di anestesia che tendono prima a untorpidire, quindi a disconneterci dal bene, al credere che il bene sia serrarsi nel proprio io, obbligarsi a una sordità meccanica, a una reclamata cecità, per cui si sentono le parole e non si comprendono, si vede l'ingiustizia e la rancorosità di tanta ignoranza circolante, ma si archivia, nello stesso istante in cui si percepisce la scomodità del bene.
Responsabilità. I nostri passi diventano perciò incerti, si cammina in avanti e non si conosce la direzione, si vive e si esclude il principio generante. Quel generare che è, prima di tutto, la passione a servire la vita nell'esclamazione dei valori universalmente riconosciuti, ma scarsamente incarnati nella responsabilità, appunto dell'esserci.
«La nostra identità aggiunge Nodari è il riconoscimento dell'amore, della gioia e del dolore e quando esigiamo l'esclusione del dolore, allora ci prepariamo una desinenza mortale, entriamo nelle stanze del male proprio per non riconoscere il limite umano dell'essere rispetto all'avere».
Se siamo chiari con noi stessi, spiega la relatrice, individuiamo presto i pericoli del giorno come l'insana comunicazione crescente di chi affida alla tirannia della tastiera il proprio odio, cercando il nemico, sospendendo il giudizio di responsabilità civile e di coscienza morale. Nodari individua le tre grandi paure da cui guardarsi: la paura di ignorare, l'affidarsi all'ignoranza che esclude il pericolo del danno umano e sociale, la paura dell'impotenza e dunque lo scoprire la ragnatela del male e non fare nulla per segnalarla, evitarla, distruggerla; infine la paura dell'umiliazione, vale a dire la paura di rimanere troppo soli nel sostenere le evidenti verità abbattute dal pregiudizio del popolo di maggioranza, dalla condizione di chi ordina una propria supremazia egoistica esclusivamente per aver ottenuto un consenso nel tempo dell'urna.
Generare è oltre l'urna. Generare è incarnarsi nell'umanità che sorride e che piange, mai preferendo, mai escludendo.