«Sei tu, sei tu sola: io ti ho donato tutto il mio essere; non vivrò più che attraverso te». Così, nella battuta conclu-siva del Pygmcdion di Jean-Jac-ques Rousseau (1762), lo sculto-re protagonista si rivolge a Galatea, che prodigiosamente si è trasformata da una statua in una donna reale. Il melologo roussoviano, a cui collaborò per la parte musicale Horace Coi-gnet, andrà in scena giovedì se-ra alle 20,30 al Teatro Sociale, nell'ambito della rassegna «Do-nizetti Opera» (info biglietti e prenotazione www.donizet-ti.org). Nota particolare di que-sto allestimento: accompagna-to dall'ensemble la Barocca sot-to la direzione di Ruben Jais, a Marc Augé recitare il testo sarà l'antropologo francese Marc Augé, autore di opere classiche sulle «società tradizionali» e sulla condizione umana nell'epoca della globalizzazione. Domani alle 20,30, al Centro Congressi Giovanni XXIII, lo stesso Augé dialogherà con il caporedattore de L'Eco di Bergamo Marco Dell'Oro sul tema «Riconciliazione. Identità personale e immagine sociale». All'incontro prenderanno parte don Giuliano Zanchi, presidente del comitato scientifico del BergamoFestival «Fare la Pace», e Francesco Micheli, direttore artistico della Fondazione Donizetti, che hanno organizzato l'evento (in-gresso libero con prenotazione su www.bergamofestivaLit).
Sulle forme possibili di un rapporto non conflittuale con P«alterità» Augé è tonato anche in alcuni suoi saggi recentemente pubblicati in Italia, come «Un altro mondo è possibile» (Codice Edizioni) e «Saper toccare» (a cura di Francesca Nodari, Mimesis Edizioni). In questo secondo testo, commentando l' «Incredulità di san Tommaso» di Caravaggio - con l'apostolo che pone il dito nella piaga del costato del Risorto, per superare il dubbio che si tratti di un fantasma -, Augé sottolinea come tale movimento sia opposto al «rapimento mistico» evocato, per esempio, da Teresa d'Avila nel racconto della sua «transverberazione»: nel dipinto caravaggesco, l'esperienza dell'incontro avviene grazie al contatto dei corpi e tramite i semi. Il «toccare» riduce la distanza tra i soggetti, senza però abolirla: con questo gesto, dunque, «un individuo può affermare la sua relazione ad altri - osserva Marc Augé - pur conservando l'evidenza della sua esistenza singolare Artocco" permette di consolidare l'esistenza del "sin-golare plurale", ideale di una collettività alla quale non si sot-trarrebbe nessuno di coloro che ne fanno parte. Così la stretta di mano può significare un accordo nel quale ciascuno si impegna mantenendo nel contempo la sua libertà individuale, ribadendo la sua identità singolare».