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La resa dell’io verso il prossimo libera dalla prigione dell’egoismo
La chiesa parrocchiale di Barbariga si riempie come nei giorni di festa, vengono in dieci, a due a due, altri cinque, passano un temporale strabico, venuto giù a picchiare mezzo paese sì e mezzo no, nella sera di martedì, a permettere di entrare in una anelata frescura settecentesca, ospiti del parroco don Botticini che saluta insieme alla prof. Ferrari, la quale smarca subito il capo assoluto del Festival dei Filosofi lungo l’Oglio, la quale va in rete, di nuovo,davanti a una chiesa colma di attenzioni e di calure sconfitte.
Chrìstos Yannaràs voce dall’Oriente ponte fra culture
«L'ontologia della relazione è un’ontologia critica, ontologia post-kantiana, ontologia della persona».
Marc Augé: «Nel rapporto tra noi e gli altri la contrapposizione deve scomparire»
E' un invito a «coniugare al futuro la dinamica del presente », e ad «affrontare le sfide del mondo planetario in via di costruzione», quello lanciato da Marc Augé.
Filosofi lungo l’Oglio, il premio internazionale a Yannàras
È un grande pensatore Chrìstos Yannàras. Un filosofo che riassume in sé l’afflato del Vecchio continente, per formazione e attività, in viaggio tra Grecia, Francia e Germania.
Storia di Dolores tradita da un padre mai avuto
Ecco, dovremmo ritornare ai greci, alla loro tragedia, al senso di colpa e alla memoria dei loro archivi individuali e di patria per rientrare, almeno un po’, nella vicenda narrata dalla dott. Francesca Nodari. Storia evocata per dire «basta» alla presunzione degli incubi, per bruciare la vecchia bastarda,come si fa a metà tempo dalla Resurrezione,per giurare che una madre, «intelligente e bella» calcifica un padre falso, violento e pazzo.Francesca parla con se stessa e rivolge all’inferno della tracotanza squilibrata, dove si trova uno dei non impossibili padri-non padri, l’invettiva di Dolores, protagonista e figlia ormai libera e leggera per narrare l’incubo di un tempo troppo lungo per stare incamerato dentro di sé. Le parole giuste vanificano il male, il verbo redime e Dolores, per cultura e vita, scopre le armi della libertà e del riscatto, per sè e la madre, per quell’umanità indisponibile alla rottura del patto genitore-figlio.
Parliamo del libro di Francesca Nodari, «Storia di Dolores. Lettera al padre che non ho mai avuto» che viene presentato domani alle 18 alla libreria dell’Università Cattolica (via Trieste 17/a), con la partecipazione di Maria Rita Parsi psicoterapeuta e scrittrice, Paolo Ferliga psicoterapeuta e docente di filosofia, Tonino Zana inviato speciale del Giornale di Brescia. Maria Rita Parsi, amica dell’autrice anche per l’appartenenza alla compagnia umana in cui si riuniscono i Filosofilungol’Oglio,armata pensante di Francesca Nodari, delinea il senso totale del padre e il suo tradimento in una premessa partecipata al libro. «Colei che scrive la lettera al padre, Dolores non solo non ha mai avuto "quel" padre, ma costui non è mai stato padre per lei...Quello che si è manifestato è il rifiuto.
Incomprensibile, irrazionale, segnale di latente follia, in quanto reiettivo di qualcosa che è geneticamente legato a sé,senza possibilità di cancellazione. Il concatenarsi dei pensieri in questa requisitoria che, a Dolores serve per depurarsi del veleno iniettatole da Belzebù e dai suoi rifiuti fa affiorare l’importanza del pensiero come superamento del male con cui gli altri possono colpirci.E questo pensiero si nutre delle preziose riflessioni di grandi pensatori e scrittori.E qui la filosofia è la medicina per sopportare quel rifiuto paterno ». Dolores incontra un padre sulle guance dell’infanzia, schiaffo, non carezza e lo ritrova nella maledizione di un giorno non troppo avanti.
Ecco il padre ricavato da alcune cattiverie verso la figlia: «Buttati sotto un treno », a proibirle di incontrare il viso disteso della nonna nella morte,a bandire ogni possibile contatto. Dolores è il finale di un calvario. Poiché,nelle tragedie della vita,quelle in cui l’immaginazione di un dolore innaturale soccombe fino a essere irriconoscibile o ritenuta dubbiosa dal tribunale morale della comunità, a Dolores si chiede di dimenticare. E lei è d’accordo se solo la cancellazione del male non diviene sconfitta della memoria, ma sua esaltazione fino a collocare nell’oblio castigante e consapevole la barbarie di una follia. Il libro è la condanna in piazza di una violenta irresponsabilità.
Dopo questo,non ci sarà nascondiglio per i padri - pochi? - di Dolores - quante? -. Il libro avvertirà i padri malvagi a dimettersi dalla personalissima gestione di una shoah immutabilmente ad personam, senza pena. Sapranno, questi padri, che i libri raccontano il loro bene e il loro male.Che si alzano le culture dei figli a denunciare le psicosi dei padri e li iscrivono al giudizio. Invitano a pentirsi e a curarsi. Avvertono che la parola rimane a stabilire il senso e il merito della testimonianza. Anche un padre, certo, può scrivere o farsi scrivere per dire la sua. Se un qualsiasi padre ascoltasse un libro del genere e si sentisse tirato dentro, scriva,per Dio.Ci faccia capire cosa gli è accaduto per essere diventato un diavolo del genere.
Filosofi lungo l’Oglio conquistano Crema
Nebbione mai visto, fuori, a metà marzo, nella centralissima via Mazzini di Crema. Noi con la direttrice dei «Filosofi Lungo l’Oglio», Francesca Nodari, marciamo col navigatore marca «Salvatore Natoli», il filosofo docente dello stare al mondo con grazia e coraggio e ci inoltriamo nel Caffè Gallery, base culturale del Caffè Filosofico del mite presidente prof. Tiziano Guerrini. Ci troviamo in un posto parigino, grandi cubature,piani sovralzati, tra mise per botteghe di vestiti e punch arancio volanti. Sopra il Coro civico Pietro Marinelli attende il turno e sotto stiamo noi, per la prova di un gemellaggio.
I nostri amici cremaschi vogliono conoscere da vicino il festival filosofico dell’estate, creato organizzato e gestito dalla nobiltà intellettuale e volitiva della dott. Francesca Nodari, i segreti del pensiero e dell’organizzazione, le ragioni per cui centinaia di persone occupano i luoghi di 20 paesi per 45 giorni,da Brescia a Ostiano,da Palazzolo a Orzinuovi, da Travagliato a Rovato. A «Crema Pensiero» si dedica la notizia: «Saluto da lontano il sindaco di Orzivecchi Liliana Ferrari -dice la dott.Nodari -, sempre cortese e sensibile nell’ospitarci a palazzo Martinengo. Cominceremo da lei,se vorrà, il 6 giugno con Edoardo Boncinelli. La chiave degli incontri, quest’anno è Noi e gli altri». A maggio,la filosofia cremasca, risponde il presidente di «Caffè Cremasco», prof. Guerrini, apre sul tema «Non rubare ». I filosofi lungo l’Oglio torneranno a palazzi, chiese, sinagoghe, piazze e aie con il passo di Casper, Natoli, Bertoletti, Boncinelli, Fabris...
Dunque, quale è il segreto di questa vittoria della parola pensata sul gesto depresso, perché migliaia di persone seguono questo evento per l’ottavo anno? Questa catena umana del Sabato del Villaggio, rispondela dott. Nodari, resiste e si rinvigorisce nell’attesa del maestro, di una purificazione, di un riconoscersi insieme nei luoghi antichi e nuovi della vita. «In fondo - ricorda la dott. Nodari rivolta al prof. Tiziano Guerrini, suo docente al tempo del Liceo - lei aveva ragione quando ci introduceva al concetto che la filosofia va servita su un piatto d’argento. Un cibo necessario, proveniente dalla persona e dalla terra. Per questo i luoghi e il pensiero divengono il patto segreto della nostra avventura ».
Si alzano gli applausi, i canti, si stipula il gemellaggio. Fuori la nebbia ha deciso di filosofeggiare.Una sorta di saluto carducciano al posto dei cipressi, è venuta incontro a noi bresciani, adottati da Crema scolastica e al centro di migrazioni umanissime da paese a paese. Lì, in terza fila, c’è il Bellini orceano, fratello della magnifica prof. Grazia, da tempo vive sul Cremonese. La maggiore risorsa della filosofia, rimane l’ostinazione a rendersi necessaria per l’incontro, per riconoscersi uguali nelle nebbie e nelle schiarite della vita.
Al Parco Tarello fiorisce la memoria dei Giusti
Le storie dei Giusti, di coloro che si sono prodigati per difendere la dignità umana contro tutti i genocidi e i totalitarismi, anche a costo della vita, testimoniano la narrazione del bene. Ora anche Brescia,come Gerusalemme, ha il suo Giardino dei Giusti, per iniziativa dell’associazione culturale «Filosofi lungo l’Oglio», presieduta da Francesca Nodari.
La Loggia, Casa della Memoria, la consigliera di parità provinciale Anna Maria Gandolfi e il Comitato «La Foresta dei Giusti-Gariwo»,hanno accolto la proposta e in un angolo del Parco Tarello, sei cippi e sei pruni ricordano altrettanti Giusti: Teresio Olivelli che seppe farsi testimone di una rivolta morale fino al martirio per amore del prossimo; Raphael Lemkin, giurista ebreo polacco che ha dedicato la vita allo studio dei crimini contro l’umanità e dopo la Shoah, esule negli Usa, ha coniato il termine genocidio; monsignor Carlo Manziana, vescovo di Crema, grande amico di Papa Paolo VI e di Padre Giulio Bevilacqua, durante la prigionia a Dachau portò aiuto e conforto ai suoi compagni; Etty Hillesum, scrittrice e intellettuale ebrea morta ad Auschwitz scegliendo di rispondere al male con il bene; Jan Patocka, pensatore e filosofo, protagonista della Primavera di Praga, morto in conseguenza delle violenze subite nel corso degli interrogatori della polizia del regime comunista; Angelo e Caterina Rizzini che salvarono la vita a Emma Viterbi e al figlio Paolo, sfidando le leggi razziali fasciste, mentre il marito Guido e il figlio Alberto Dalla Volta morirono a Auschwitz.
All’inaugurazione del Giardino, ieri, nel giorno che il Parlamento di Straburgo ha dichiarato «Giornata europea in memoria dei Giusti», alla presenza di un nutrito gruppo di studenti bresciani e degli assessori Andrea Arcai e Mario Labolani, illustri testimoni hanno ricordato il coraggio dei Giusti onorati dai pruni e dai cippi nel parco Tarello, nello sfidare anche le leggi degli uomini per amore della giustizia.
Padre Giulio Cittadini,sacerdote dell’Oratorio di Brescia e protagonista della Resistenza che ha conosciuto i monsignor Manziana e Olivelli, con le sue parole li ha fatti rivivere nel tempo presente. «Incontrai padre Manziana alla Pace nell’ottobre del 1942. Mi fece subito grande impressione questa figura di sacerdote colto e rigoroso con se stesso. In suo onore, quando entrai nella Resistenza, presi il nome di battaglia di"Manzio". Olivelli, autore della Preghiera del Ribelle chiama la Resistenza rivolta morale contro l’oppressione del despota. Guardando all’Italia futura, si augurava che fosse generosa e severa ». Con padre Cittadini e la Nodari, a fare oggetto di narrazione sei esempi emblematici tra coloro che incarnano le virtù dei «Giusti», Ivan Chvatik, direttore dell’Archivio Patocka di Praga, monsignor Serafino Corti,delegato del vescovo di Brescia, Hana Da Ros, in rappresentanza del Consolato onorario della Repubblica Ceca, Giancarlo Gaeta, docente di Storia del cristianesimo anticoall’Università di Firenze, i familiari dei signori Rizzini e Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione degli Armeni in Italia e docente di Lingua e Letteratura armena alla Statale di Milano.
«Patocka - ha rammentato Chvatik - è stato il mio maestro. Il pensiero ceco fu ricostituito grazie a lui. Patocka, anima del movimento "Charta 77", comprese l’importanza dello slancio che sovrasta la quotidianità e la preoccupazione della mera conservazione della vita». Il Giusto, dice GabrieleNissim, presidente del Comitato per la Foresta dei Giusti - Gariwo, è un cittadino del mondo e non ha una sola patria. Ci fa sentire parte dell’intera umanità. È un cuore pensante che ha sconfitto il male e la paura per amore dell'uomo».
Nel parco Tarello fiorisce il «Giardino dei giusti»
C’è una straordinaria esperienza umana del secolo scorso, il Giardino dei Giusti di Gerusalemme per cui si batté Moshe Bejski, giudice israeliano. A raccontare le sue battaglie per realizzare uno spazio dove gli alberi siano piantati dai «giusti» di tutto il mondo è stato Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, il Comitatocui si deve il merito di aver ottenuto l’istituzione della giornata europea dei Giusti che il Parlamento di Strasburgo ha fissato il 6 marzo.
Domani,alle 11,anche Brescia inaugurerà il proprio Giardino dei Giusti,una porzione sud del parco Tarello, dove cippi e alberi faranno memoria di coloro che si sono battuti per la libertà e che si sono opposti ad ogni forma di totalitarismo, di genocidio e di persecuzione. La proposta brescian porta la firma dell’associazione culturale «Filosofi lungo l’Oglio», che ogni anno inserisce nel suo ventaglio di attività una sezione dedicata alla Shoah. Subito accolta dal Comune di Brescia, attraverso gli assessori Mario Labolani( Centro storico e Lavori pubblici) e Andrea Arcai (Cultura e Istruzione), ha la collaborazione della Casa della memoria, della consigliera di parità provinciale e del Comitato «La foresta dei giusti-Gariwo». Saranno commemorati Raphael Lemkin,giurista ebreo polacco che ha coniato il termine genocidio; Jan Patocka, filosofo protagonista della Primavera di Praga, morto per le violenze subite dal regime; monsignor Carlo Manziana, vescovo di Crema che durante la prigionia a Dachau portò aiuto ai compagni; Teresio Olivelli, testimone di una rivolta morale contro il fascismo fino al martirio.
E, ancora: Etty Hillesum, morta ad Auschwitz scegliendo di rispondere al male con il bene; Angelo e Caterina Rizzini,coniugi bresciani che salvarono la vita a Emma Viterbi Dalla Volta e al figlio Paolo sfidandole leggi razziali mentre il marito e il primo figlio morivano ad Auschwitz. A ricordare loro e loro «imprese», saranno illustri testimoni italiani, armeni, polacchi e cecoslovacchi. «Riteniamo importante rimarcare la peculiarità che caratterizza il Giardino dei Giusti di Brescia - ha spiegato Francesca Nodari, presidente de «Filosofi lungo l'Oglio»,affiancata da Anna Samuelli,cofondatrice di Gariwo -non solo onore alla memoria,ma ricordo forte di quelle figure della storia del pensiero che hanno contribuito con le loro idee e le loro azioni a contrastare la possibile tentazione idolatrica che cova in coloro, che opprimono e ledono la dignità umana. I cippi saranno monito permanente.Soprattutto per le giovani generazioni».
Shoah, viaggi nei Campi del male dall’ideologia alla pedagogia
Al teatro comunale di Leno, l’altra sera, sedevano donne, uomini, una classe dell’Itc. Rappresentavano una corriera immaginaria verso i campi dic oncentramento a studiare e ristudiare la Shoah, per scoprire un’originalità all’interno del maleedunque un’originalità maggiorata nella bisaccia del bene. Fare Memoria, la Shoah, ciclo pensato, organizzato e vissuto dai Filosofi lungo l’Oglio, diretto da una stimata lettrice della filosofia e della filosofia rivissuta della Shoah,Francesca Nodari, è entrato l’altra sera, per la prima volta a Leno, nell’ultima serata della lunga rassegna invernale diquesto ammirabile compendio di studi e di intellettualità bresciana e lombarda al servizio della storia e della storia della memoria.
Relatore, sempre, di lusso, David Bidussa, storico sociale delle idee, salutato da Francesca Nodari, dal vice sindaco Rossella De Pietro, dall’assessore Arturo Piubeni, da una bella classe dell’Itc. Tema: «I viaggi di memoria», a scoprire le diversità dell’avvicinamento ai campi di concentramento, alle interpretazioni itineranti di varia natura e di diversa ispirazione. Bidussa ricorda che il viaggio è pianificazione diunlavoro, fare i conti con l’immaginario degli adulti e dei ragazzi, dei protagonisti e dei successori. Sempre con la raccomandazione profonda che il viaggio non si trasformi in una gita, in un tempo di distrazione impalcato su una curiosità breve e leggera. David Bidussa segnala la punteggiatura del vecchio calendario scolastico, di feste sante e laiche pronte ogni settimana e di un’assenza di quel 27 gennaio, Giornata della Memoria, ormai centrale nella vita pedagogica e storica della scuola italiana e europea odierna. Per quanto concerne i Viaggi della Memoria, essi iniziarono nel 1950 e riguardarono, all’inizio, i familiari delle vittime.
Avanzavano nel vuoto del campo e portavano la testa in terra e al cielo, cercando di scoprire l’ombra dei torturatori e le ultime tracce dei loro martiri. Il secondo viaggio della memoria fu degli ex deportati e infine vennero avanti i nostri ragazzi di oggi e di appena ieri. Da non dimenticare, riflette Bidussa, le molte deportazioni, gli altri genocidi. Che la conflittualità della memoria non diventi maggiore della memoria. Se si intende esercitare la funzione e la responsabilità dell’essere storici, non bisogna nascondere il fastidio, per esempio, di scoprire un mondo partigiano nobile e nicchie partigiane assassine.
È fondamentale istruire le generazioni sul rapporto tra i campi e gli avvicinamenti, le diverse tipologie dei campi, il modo altro di rappresentarsi ad essi. Ci sono i campi di lavoro, di sterminio, di transito. L’errore è di considerare soltanto Auschwitz, soltanto il finale, mentre la lunghezza dei patimenti e della tragedia fu molto più ampia e riguardò subito la questione deicampi di lavoro. Bidussa legge la tipologia dei Viaggi. I primi erano dei pellegrinaggi politici,ogni tirannia portava i propri seguaci alla visita turistico-politica della capitale di fondazione, i comunisti a Mosca, i fascisti a Roma, i nazisti a Berlino.
Concluse le ideologie - ma sono veramente concluse le ideologie? - si chiuse il viaggio di una memoria pericolosa. Nei Viaggi della Memoria, cresce l’emozione di un abbraccio con i martiri e cede l’orizzonte dell’ideologia. La pietà maggiore si trova di fronte a un campo senza ideologia e dunque con un modo di speranza diverso, quasi diminuito. Poichè l’ideologia, comunque, è un fronte di speranza. Un mese fa, ricorda Bidussa, i dati delle viste annuali a Auschwitz spiegarono che un milione e 400mila persone avevano oltrepassato quel cancello.Risultavano assenti i lituani, gli ungheresi, i lettoni. I conti con la storia e con la crisi, simultaneamente, hanno complicato la resa dei conti con la memoria. Assenti, i Paesi Arabi e i Cinesi. I Paesi cosiddetti Emergenti sembrano esenti dalla necessità di costruire memoria, non hanno bisogno di tornare indietro, per loro è importante soltanto l’idea di futuro.
Bidussa istruisce le nuove generazioni a oltrepassare la soglia del cancello, immaginando che lì ci fu la morte e che fino al punto in cui raggiunse il corpo dei deportati, le persone si parlarono, si amarono, sperarono. Va ricercata l’impresa sovrumana e eroicamente normale di una vita prima della fine.
«Staffette morali» per la Shoah nell’educazione alla responsabilità
Serata fredda, sala piena. La prima volta dei Filosofi lungo l’Oglio, squadra storica di Francesca Nodari, a Rovato, è un successo. Scavare la Shoah nel cuore di una campagna elettorale glabra, di una crisi rimordente, di un clima depressivo è un colpo di reni che giova alla cultura e allo spirito dei Giusti. L’altra sera, di nuovo e con altra originale vitalità, la direttrice di questo «Fare Memoria» invernale, Francesca Nodari, per prepararsi quasi al «Fare filosofia» nelle magioni estive fluviali e prefluviali, rilanciava la consistenza di un filo rosso tra pensiero e memoria,dolore e orizzonte.
Introduceva insieme all’assessore alla Cultura,Simone Agnelli, il saggista e lo storico Gabriele Nissim,ne indicava i meriti eccellenti nel seminare il campo dei Giusti e indicava il 6 marzo a Brescia il nostro giorno nell’individuazione delle anime belle per la storia e la memoria del bene in ogni tempo e da ogni parte esso appaia e cresca limpidamente. Accadrà a Brescia, a parco Tarello. Due gli interrogativi a cui rispondere, da non lasciare appassire: primo, non dimenticare,secondo proporre esempi morali tracciabili per dimostrare la materia e lo spirito di chi è andato contro, allora e dopo, la barbarie più alta del male umano, la barbarie in cui la persona si è confusa carnalmente con il diavolo in una postura biforme della natura innaturale quando dimentica il valore primario della vita. Nissim agita la concretezza di due storie per entrare nel cuore delle attese dei giusti normali di ogni giorno. La prima storia Nissim la riferisce alla distruzione di un villaggio nei Carpazi. È il 1941, i nazisti annientano centinaia di innocenti. Chi si salva si nasconde e quattro dirigenti del villaggio decidono di immolarsi per sfamare la belva nazista. «Si accontenteranno di noi - pensano - e si dimenticheranno del villaggio, andranno via». Dei quattro uno non ce la fa, fugge, rimangono in tre, saranno sterminati. Pochi mesi dopo, il ritorno dell’inferno, un altro annientamento. Il male, insomma,non si accontenta, non si placa davanti aun umanesimo eroico, lo impasta nella caldaia della tortura senza tempo.
La seconda storia narrata da Nissim riguarda lo scrittore Armin Wegner, il primo ad occuparsi del genocidio degli Armeni. Sposa una donna ebrea, la figlia viene discriminata. Così scrive una lettera a Hitler in cui ricorda i servigi e la grandezza ebraica. La figlia, un giorno, a pranzo, butterà la minestra addosso al padre. Grossman avvertiva sulla fragilità della bontà e in questa fragilità avvertiva la sua resurrezione. Nissim non perde l’attenzione sull’area grigia dei silenzi e dei pilatismi durante e dopo il nazismo e nello stesso tempo non dimentica, alla maniera di Hanna Arendt, i non partecipanti al male, gli oppositori silenti della dittatura. Il percorso del Fare Memoria,della cultura per la Shoah ritrova la linea dell’unità, ripropone la riflessione di Simona Fortis quando sostiene che non esiste un male come dialettica tra vittima e persecutore, ma come genuflessione al potere, come sostentamento, di nuovo, alla cosiddettazona grigia.A quella zona ambigua, emergente e sotterranea dove si alimenta, digerisce e riproduce una linea esile di male, esile all’inizio che si ingrossa e mostra tutta la sua potenza nell’esaltazione della forma del male. La zona grigia assume la dimensione di una valanga a valle, prima granello e infine massa omicida. Il granello non è valanga e la valanga è la somma di miliardi di granelli. Come l’infinità di donne e uomini della zona grigia, i muti davanti all’ingiustizia, i soliti amici sempre miti e mitizzati della via mediana nei consessi dialettici, né di qua né di là. Intanto in mezzo, allora, passò il treno per Dachau.
Di Gabriele Nissim non si dimentica la battaglia al Parlamento Europeo. Grazie a lui, il 10 maggio 2012, il Parlamento,ha approvato l’istituzione della Giornata Europea dei Giusti. Non fu semplice, ricorda Nissim: «I nostri democratici furono attraversati da conflitti di memorie ». Sorse una specie di sfida su pretese qualità diverse tra il martire bianco, rosso e nero. Si deve superare, invece, questa insidiosa conflittualità della memoria, con l’iscrizione all’albo delle staffette morali. Perchè si conosca l’indirizzo della responsabilità.