Cornice distrattiva, dice la stessa prof. Marzano, a causa di una bellezza estesa tutta intorno, se non fosse per la sua abilità a trattenere lo stupore dei presenti per la natura, cielo-parco-villa, e la passione per chi ascolta e viene ascoltato.
Funziona così l'incontro, il dono della filosofia e la sua ricezione: chi ragiona e analizza si dispone a un dono e chi sente condivide, può ringraziare oppure no, ma da ogni parte si percepisce che sta passando un nuovo rapporto tra persone, la rete dei contatti umani si ingrandisce, gratuitamente e al netto di ogni pretesa di scambio economico o psicologico. E subito viene ad aver torto chi ritiene l'impossibilità del dono perché nasconderebbe sempre una convenienza. Come sarebbe possibile dar forma alla «Gratuità», parola chiave di questo Festival dei Filosofi, se non fosse possibile pensarla e viverla? Come raggiungeremmo il valore del dono privi di Gratuità e infine in che modo riusciremmo a vivere, sensatamente, con l'altro, una volta morti di fame per la sottrazione del piatto di vita, «Dono-Gratuità-Relazione»? Per questo Michela Marzano contale stelle sul cielo di villa Morando, annota lampi ora sullo stradone per Brescia e riesce a decifrare molti volti amici. Il dono è già accaduto essendo la somma di tutto, natura, parole, arte. La prof di Etica mira al risultato vantaggioso, a una moralità dignitosa, esclude la teoria di chi annulla la possibilità del dono, poiché in esso vede sempre una convenienza, un atto di narcisismo o un ricatto, perfino il celarsi di una potenziale ingratitudine. Del resto pare poco e difficile convertirsi alla scienza ragionante dell'antropologo, che piazza la trilogia del dono come obbligo di dare, di ricevere e di restituire. Troppo strettala via per stare nella vita attori di una relazione aperta e desiderosa di un senso.
Maternità. Ecco, intorno al senso della vita, matrice della maternità, Michela Marzano fonda una sintesi appagante, una posizione di pregio misurato. È convincente allorché ritiene possibile, anzi auspicabile la gratuità di un dono in cui non si percepisca nessun obbligo di chi dona, di chi riceve e di chi dovrebbe restituire. Il dono esiste in quanto aspira a una relazione e l'ambiguità del dono è il rischio di chi cerca il valore del senso, non è altro che l'ambiguità, meglio, il rischio di una vita fuori dal chiuso, verso l'apertura ad ogni incontro. Sarà necessario «sporcare l'altruismo» e cioè non pretendere un segno trascendentale di esso, rompendo la camicia di forza del dare per ricevere, allora il dono rimarrà un fatto morale. Basta la comprensione del gesto, un grazie sussurrato o solo pensato. Basta la comprensione del gesto. Non sostenevano le madri delle antiche civiltà e le nostre madri che chi dona deve dimenticare di aver donato e chi riceve deve ricordarsi di aver ricevuto? Non sta qui l'uscita di sicurezza da un'esistenza agra? La buona garanzia del pensare e del fare del bene, in entrata e in uscita?
Il festival proseguirà stasera alle 21,15 nel cortile del Palazzo Municipale di Cologne, piazza Garibaldi (in caso di pioggia si va nella attigua Chiesa): Roberto Mordacci tratterà il tema «Dal dono al perdono».