«La seconda modernità perché ha cancellato la categoria del dono?». L'economista politico Stefano Zamagni interroga e si interroga. Non appartiene al gruppo di economisti per i quali secondo le regole del mercato più si produce più ci si arricchisce e tutti stanno bene. Una
bugia grande come la nostra crisi. Del resto, i giovani artigiani del presidente Eugenio Massetti che l'altra sera lo ascoltavano a Brescia nella loro sede di una bellezza spartana, asciutta di barocchismi applaudivano quando il docente ricordava che «artigiano» trattiene, etimologicamente, il nome della virtù, della passione, di quella gratuità basilare per resistere, almeno, nella gioia del mestiere. Così come l'arte seriamente coltivata dello
studio e della guida a questo popolo itinerante dei Filosofi lungo l'Oglio garantisce virtù a Francesca Nodari, presidente e direttore dell'omonima Fondazione, la quale offre una gratuità di conoscenza radicata sulla relazione umana e non un dono di scambio. Quel dono assistenzialista e non misericordioso, ricorda Zamagni, talmente insopportabile per la ragione che costringe il ricevente a sottoporsi alla potenza schiacciante del regalo dell'altro. Così come suona male il ticchettio del nichelino nella scodella dell'accattone.
E il pubblico? Il tema dell'undicesimo festival è Gratuità, quella Gratuità che la seconda modernità ha sottratto dal pubblico, riservandola esclusivamente al privato, riducendone la forza e la libertà della circolazione, la velocità simpatica di affiancarsi ad altre forme economiche espressive di ulteriori gratuità e dunque misurabili in crescita per la buona sfida nella reciprocità. E non riservate le forze, incita il prof. Zamagni, esclusivamente (com' è accaduto in questi ultimi anni) ad una gratuità che si è manifestata come dono schiacciante tra privato e privato, a danno di un libero e fruttuoso scambio morale, con la parte pubblica ad assumere il controllo in cui il bene è maggiore del giusto. Stefano Zamagni indica lo stato di un sistema pieno di crepe perché fondato su una sola economia iperliberista, immorale nel mantenere le promesse, per cui a maggiore ricchezza corrisponde maggiore disuguaglianza.
Una caduta morale. Non esiste, ripete il prof. Zamagni, un solo tipo di economia fondata sul mercato, sullo scambio che produce ricchezza. Basterebbe pensare che in questi ultimi quarant'anni la ricchezza è cresciuta di 4 e la povertà è aumentata di 8. La diseguaglianza è il segno di una caduta morale, priva di intelligenza, estremamente pericolosa per la tenuta del patto sociale. Gli effetti sono evidenti anche nelle votazioni politiche: il quaranta per
cento non vota ed è gran parte del quaranta per cento a cui non viene riconosciuta una maggiore divisione della ricchezza prodotta. Le dirigenze politiche non ricevono credibilità, non essendo in grado di garantire la giusta divisione del benessere. Per il prof. Zamagni vale l'impegno morale, equivalente al vantaggio e al bene della comunità, illustrato dallo scrittore Robert Merton quando dice: «Il tempo galoppa, la vita ci può sfuggire come sabbia o come semente». Tocca a noi scegliere se scomparire nell'indistinto spazio dei deserti umani o diventare testimoni di bene ed essere ricordati come instancabili
spargitori di semi.
Lunedì tocca a Savignano. I Filosofi, intanto, continuano. Ieri sera, a Palazzolo, toccava a Enzo Bianchi (ne riferiremo domani). Dopodomani, lunedì, alle 21.15, a Villa Suardi a Ludriano di Roccafranca (via Camozzi; in caso di pioggia nella parrocchiale) sarà la volta di Armando Savignano, su «Il dono dell'ospitalità. L'esilio come patria».