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Venerdì, 12 Febbraio 2016 18:11

«Quei bimbi ebrei allontanati dalla scuola e negati alla vita»

Le toccanti testimonianze di Elena Ottolenghi e Paola Finzi E stasera l'incontro è a Flero.

ORZINUOVI. La sala della Rocca di Orzinuovi è stretta e piena di persone. La Shoah, predicata al femminile dalla prof. Francesca Nodari con la Fondazione I Filosofi lungo l'Oglio, segna la terza stazione dopo Chiari e Rotato. La maratona della pietà civile, di un impegno testamentario a non dimenticare, a schierarsi contro l'indifferenza e la furbizia di tanti apprendisti revisionisti, contro la barbarie mondiale dell'eversione umana raggiunge risultati significativi. L'altra sera, alla Rocca orceana, c'erano due donne testimoni dei giorni bui del nazifascismo, Paola Vita Finzi e sua cognata Elena Ottolenghi. A salutarle, a ringraziare la sensibilità intellettuale e morale della prof. Nodari, il sindaco Ratti, gli assessori Scalvenzi, Caldarese, Gardoni, il sindaco di Villachiara, Angiolino Riccardi con lo storico Paolo Zanoni, Emilio Zanetti fedelissimo e acuto rappresentante del popolo dei Filosofi lungo l'Oglio.

Queste presenze sono state subito intercettate dalle donne della Shoah, dalla Ottolenghi e dalla Finzi che hanno segnalato il sapore di una presenza diversa, di un affetto che persero amaramente, nei giorni dell'innocenza, alle scuole elementari, intorno al 1938, quando il regime fascista adottò le leggi razziali e i bambini non salutarono più i bambini. Racconti. Elena Ottolenghi racconta di un premio guadagnato e consegnato di nascosto dalla bidella, in terza elementare, con la raccomandazione ordinata di stare alla larga, di non venire più perché era ebrea. La madre organizzò per la figlia e i bambini ebrei una festa in casa e il tricolore sventolò nel salotto. La Ottolenghi ricorda come i bambini ebrei riuscirono a guadagnare una particolare autostima per la resistenza a un dolore immensamente ingiusto. Non si separano le cattiverie ricevute da Elena Ottolenghi e da Paola Vita Finzi, durante i giorni, in cui la luce dell'umanità minima fu oscurata dal male. Furono cancellate le ore dei trasferimenti nei lager dentro i vagoni diretti verso la morte. Qualcuno conservò i biglietti scritti sui treni e lanciati tra le fessure dei vagoni nella speranza che qualcuno leggesse e capisse cosa stava accadendo. Un macchinista, ricordano le testimoni, preparò dell'acqua calda con cui la madre lavò la sua bambina. Appena scesero dal treno furono portate nelle camere a gas. Amicizia. Ogni tanto, qui e là, spuntarono germogli di amicizia, come il seme spuntato in città da quell'ufficiale fascista in borghese che avvertì di nascondere la radio perché il giorno dopo ci sarebbe stata un'ispezione. Qualcuno salutò di nascosto e si mise a disposizione dentro e fuori il ghetto ebraico nei giorni in cui, dopo le leggi razziali del 1938, i bambini non poterono andare alle scuole degli amici, i negozi furono chiusi e requisiti, i docenti ebrei esonerati d'autorità dall'insegnamento. Immaginiamoci al loro posto: il giorno dopo non potemmo tornare a scuola, aprire la nostra bottega. Il popolo della Shoah ascolta in silenzio, patisce e non si allontana, pone domande e stasera alle 20.45 si sposta a Flero, al Teatro Le Muse (viale Aldo Moro 109/a). Si ascolteranno le voci e i sentimenti di Andra e Tatiana Bucci, sfuggite alla morte nei lager e tornate a casa dopo un'incredibile odissea. Una storia difficile da perdere, testimonianze da registrare e conservare sempre. Perché non accada quanto è accaduto e potrebbe succedere ancora. La Shoah, nella mente dei buoni e dei normali si dichiara irripetibile. Invece questa convinzione pulita appartiene ai giusti, al popolo mondiale dei normali. Ma circola, di questi tempi, ancora, una tempesta di squilibri e fecondano radicalismi armati, coscienze che si annebbiano. Meglio, molto meglio rimanere uniti.

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