Lo presentiamo in anteprima, impadroniti notturnamente di due bozzoni preziosi come l’oro alla borsa di queste ore finanziariamente incerte.
Un lungo lavoro. Il lavoro cominciò alcuni anni fa, grazie alla protezione della Provincia, e proseguì per la volontà di amici e appassionati sotto la regia del Monsignore. La documentazione fotografica - appunta Paoletti - è impressionante. Ed è naturale che sia così, perché impressionante fu la presenza delle cascine per mille anni. Del resto sono moltissime, lì, al loro posto, zoppe, ferite e rimodernate. Qualcuno, dalla città, pensa ad un universo di macerie e invece, proprio l’altro giorno, accompagnato dalla gentilezza dell’imprenditore Giampiero Franchini, ho visitato una sua cascina a Mairano, rimessa a posto con uno stile e delle funzioni ricche della tradizione e della contemporaneità. Questo straordinario industriale, nato in una cascina intorno a Bottonaga, spiegava al sindaco di Orzinuovi, Andrea Ratti, al già sindaco di Mairano, Gianmarco Quadrini, che l’attualità di una casci- na autentica sul piano urbanistico e funzionale è superiore a qualsiasi altro manufatto. Ha ragione. Basta avere la forza, la passione e il gusto di scegliere e di viverci, per comprendere che un quadrilocale, da Brescia a Los Angeles, vale cento volte meno di un piano terra ristrutturato sotto le barchesse per la cura dell’esposizione alla luce, la solidità dei materiali, la resistenza alle aggressioni della natura, la messa a disposizione di tutta se stessa, la cascina, ai bisogni della persona.
I contenuti. Il lavoro sulle cascine della Fondazione Civiltà Bresciana viene narrato da circa 2.000 fotografie. Vengono considerate tutte le cascine del territorio bresciano, non solo quelle tradizionali della Bassa, poiché la civiltà contadina fu vissuta, parimenti e in modalità diverse, dal Parco dell’Adamello all’ultima curva dell’Oglio prima che si consegni al padre Po, dalle colline dei laghi a quelle formalmente dichiarate di nessuno, cioè sui confini di diverse parti, che sono, invece, le terre di tutti. Non rimane fuori nulla dai volumi della civiltà contadina. Si apre con la storia dei fabbricati rurali di Fausto Lechi, si prosegue con lo studio dell’antropologia di una società complessa con Ruggero Boschi. Quindi Isidoro Marco Iadema descrive il Censimento dell’architettura rurale in provincia di Brescia. Antonio Rubagotti riflette sul paesaggio agrario tra passato e futuro. Seguono studi di Luigi Lecchi, Santo Zotti e altri studiosi. Avremo modi e tempi, presto, di approfondire la questione dei contributi culturali su due volumi così densi di novità.
Un elenco curioso. Segue un elenco curioso dei paesi con le proprie cascine, una guida interessante per conoscere i movimenti demografici tra centro e campagna, tra nord e sud, non dimenticando l’enorme contributo umano dato dalle valli alla costituzione e alla vita delle cascine nella pianura. Verrebbe da dire che poco o nulla nasce fuori dalla connessione tra nord e sud, tra montagna e pianura, terre e nomi si intrecciano venendo a formare un’umanità unica, una vicenda in cui qualche giovane vecchio personaggio continua a distinguere tra città e provincia e non si accorge che Brescia è stata e rimane nient’altro che la somma di villaggi e di quartieri avanzati da ogni terra intorno e che la stessa Brescia è uscita da se stessa alimentando la formazione di aree indefinibili, né di città né di provincia, cosicché oggi si può certo parlare di grande città allo stesso modo che si può dire di grande provincia. Il resto, è il baccalà venduto al mercato localistico di una politica ambulante. Osservate queste cascine e vi renderete conto, che in un modo o nell’altro, siamo usciti tutti da un angolo di quelle architetture. Ci interpellano per diritto materno e noi dobbiamo rispondere.