Il merito pressochè assoluto di questo evento tra i più importanti del nostro nord generale è della dott. Francesca Nodari, creatrice, organizzatrice, anima pensante di questa storia cominciata in solitaria dieci anni fa. Nessuno dava una lira a questa visionaria che s’era messa in testa di mettere di fronte bravi e ottimi filosofi con il popolo dei bresciani e poi dei lombardi, degli italiani attesi in cascine, templi anti pioggia, palazzi privati e pubblici quasi mai aperti prima tra comunità, che il provincialismo rovesciato della città, almeno una parte di esso, ha considerato «ignorantine ». Via, le Basse furono sempre in ritardo nella testa della Loggia e invece adesso sono in anticipo. Tranne quando si chiedevano voti di congresso o di municipio o di parlamento, le pianure furono lette come le terre meno pronte per la cultura. Errore bestiale.
Confini allargati. Il festival dei Filosofi lungo l’Oglio capitalizza nella pianura tra Chiari-Villachiara- Orzinuovi, si allarga in Franciacorta, tocca un paio di volte la città e si smarca, di nuovo, sul lago d’Iseo, sfondando su Sarnico, un migliaio di persone a coccolarsi i tic aggressivi del bel Cacciari. Un migliaio di gente nella piazza di Orzinuovi ad assumere la pietra ritrovata di padre Enzo Bianchi, «tornate alle tavole condivise,alpanedanonbuttare, al cibo del Testamento». Ancora, per esempio, più di mezzo migliaio di persone da Michela Marzano nel bell’auditorium di Flero e altrettanti nel cinema anni settanta, vintage e incredibilmente stracolmo, di Paratico post beach, ore 21 extra large.
Ventidue appuntamenti. Siamo stati in 21 posti, 22 lezioni magistrali, il premio internazionale a Iseolago per Marc Augè. Se questo festival non vale un corso con punti da scrivere sul libretto di laurea breve, allora chiederemo ragione con il confronto delle attività culturali degli altri. Ci si è chiesti del perché e per noi l’ha fatto, a metàviaggio, ilnostro vicedirettore Claudio Baroni, con la sensibilità di chi conosce le contrade e pure viene a rivisitarle al Festival, spesso. Si è detto di un bisogno di cultura, di una solitudine rotta con l’incontro, con la crescita invisibile di una provincia, con la ricerca di un senso orientativo, di un’estate da non lasciare fondere nella noia, di una sindrome del «c’ero anch’io» e di un desiderio di appartenenza a un simbolo, aunabandiera, allacarovana del festival. Di più, perse le parole d’ordine dell’economia, sparse quelle della religione, battuti i tiramolla dei talk show, si entra in campo direttamente, si guarda,tocca,ascolta ilpensatore della filosofia. Di più ancora, il festival porta alla scoperta e riscoperta di postimagnifici, castelli, palazzi, piazze che conoscevamo e non conoscevamo.
Guardando avanti. Intanto, Francesca Nodari coltiva la sua insonnia e nella notte ha formato la nuova parola chiave del 2016: Gratuità. Nella notte ancora ha battuto i dati del Festival 2015: 43 giorni la durata del festival, 6.000 impressioni con interazioni al giorno su facebook, 258mila impressioni durante tutto il festival, 23mila circa le presenze calcolate dagli organizzatori (perquantosia difficile registrarle con precisione). C’è in giro qualche numero maggiore? Vedrete che un giorno di questi salterà fuori il genio dell’audience il quale andrà affermando che i numeri non sono la qualità. Vecchio giochino. Non provateci.