Forse perché, semplicemente, non ha mai pensato che l’amore inizia «dopo» la passione, non necessariamente in senso temporale, ma come condizione ontologicamente intesa, e che «amore e fiducia» vanno sempre di pari passo. Parola di Michela Marzano, scrittrice, filosofa, parlamentare,direttore del dipartimento di Scienze sociali alla Sorbona, intervenuta alla libreria Feltrinelli, in città, dove è stata intervistata da Francesca Nodari intorno al suo ultimo libro «L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore» (Utet). Perché un libro sull’amore? «È una domanda fondamentale» osserva l’autrice: «Se non c’è urgenza, non c’è bisogno di scrivere,poiché scrivere è un grande piacere, ma anche una grande sofferenza. E, per me, un modo per cercare di nominare nella forma più possibile precisa le cose che mi circondano». Il tema - spiega Marzano - scaturisce «immediatamente» dal libro precedente «Volevo essere una farfalla», in cui «ho raccontato la storia della mia anoressia, il mio nascondere dietro la malattia il dover essere, il controllo». Ma, quel qualcosa in cui il dolore si andava «lentamente trasformando », altro non era che, appunto, amore.
Perciò «ho voluto partire da me per narrare solo ciò che è strettamente indispensabile ed arrivare a disegnare, anche grazie ai concetti filosofici e psicologici, la grammatica elementare dell’amore». Ecco avviata allora l’operazione di «smantellamento» dei luoghi comuni, gli ideali propinatici fin dall’infanzia, che ci portano a ritenere che l’altro possa «colmare il nostro vuoto». Quel vuoto, rimarca la scrittrice e filosofa (è docente di Filosofia morale all’università Descartes di Parigi), che è «costitutivo » del nostro essere uomini, in quanto - lo diceva Claudel - «perseguitati da qualcosa di assente». Tutto «comincia con la perdita»: l’allontanarsi, per ragioni esistenziali, di «quello sguardo» cui ci sentiamo ancorati fin da bambini, riconoscendoci nell’amore incondizionato dei genitori. Il «riconoscimento », anche l’«autoriconoscimento» è l’altro tasto essenziale toccato dall’autrice, il quale giustifica la «speranza di incontrare colui o colei capace di riparare le nostre ferite». E di riempire nostri vuoti.
Da non confondere con l’«abisso», in cui precipita chi si annulla nell’oggetto d’amore al punto di dipenderne totalmente e, quando esso fatalmente viene meno, non è in grado di mantenere saldo l’unico valore che ci appartiene, cioè l’essere noi stessi. Del resto, Platone parlando di Eros sosteneva che «si desidera ciò che non si ha». Il dibattito, con Lacan (pensatore molto amato da Michela Marzano) si sposta sul «desiderare ciò che non si è». La chiave di volta, il «segreto» potremmo affermare, sta in quel rapporto con l’alterità per cui, finita l’era delle litigate, dei pianti, delle risate e della noia «sappiamo quel che resta ed è lì,e sappiamo di essere liberi di essere noi stessi perché l’altro non ci chiede di essere altro». L’amore è «merce rara», e non soltanto oggi, ma sotto ogni cielo e in qualsiasi realtà.