Quasi un presagio dell'assunto tematico («Noi e gli altri») del Festival Filosofi lungo l'Oglio. Sarà proprio Boncinelli a inaugurare domani sera (Palazzo Martinengo di Orzivecchi, ore 21.15) la kermesse curata da Francesca Nodari.La società è un arcipelago di solitudini, le relazioni umane si svuotano, qualcuno profetizza la morte del prossimo. Questo lo stato delle cose? «Non condivido questa idea. L'amore e l'interesse per il prossimo non sono mai venuti meno. L'unica differenza è che ora siamo molti più di prima», taglia corto Boncinelli. La sua relazione che farà da prologo alla rassegna si intitola «La percezione degli altri» ed ha un taglio scientifico. «Abbiamo sempre imitato e ci siamo rispecchiati negli altri. Il bambino impara dalla mamma ad aprire la bocca, quando vede il cucchiaino. Da una decina d'anni abbiamo scoperto meccanismi nuovi, come i famosi neuroni specchio, che si attivano sia quando io faccio una cosa che quando la vedo fare. Questi neuroni si chiamano così perché riflettono quello che vedono nel cervello altrui.
Si tratta di una facoltà del nostro sistema nervoso fondamentale per la comprensione e l'apprendimento, che inoltre attesta la nostra capacità di porci in relazione con gli altri». L'uomo è un animale sociale, ma anche un animale visivo: più della metà dei neuroni della corteccia cerebrale, infatti, reagiscono a informazioni visive. Dalla necessità della dimensione partecipativa dell'esperienza non possono prescindere politica, sentimenti, ma anche logica e linguaggio. «Proprio così. Nel collettivo l'uomo trova la sua cifra più vera e letteralmente unica. Nessuno da solo può raggiungere una qualsiasi conclusione che sia diversa da quanto gli fanno credere i suoi sensi, ma un collettivo sì. Le conclusioni dei singoli possono essere avallate, contraddette o corrette da un collettivo di uomini operanti in un sufficiente lasso di tempo. Da soli non avremmo una logica, che è una costruzione eminentemente collettiva, visto che nessuno di noi è perfettamente logico. Da soli non avremmo una scienza, prodotto di una continua interazione fra uomini e fra uomini e cose. Da soli non avremmo una storia né la capacità di conoscere fatti di terre lontane. Anche se ci impegnassimo allo spasimo, ciascuno di noi non vive abbastanza per raggiungere da solo tali obiettivi». Chi ama il mondo, lo vuole modificare, ha scritto Boncinelli. «Questa è la tendenza. Il progresso è veramente inarrestabile e la conoscenza scientifica in continua espansione. Ma l'uomo non si accontenta di apprendere cose sempre nuove; cerca immediatamente di utilizzare tutto questo per sempre nuove e mirabolanti applicazioni». Avanti di questo passo, il futuro ci consegnerà l'uomo artificiale? «È probabile».
Possiamo chiedere un parere sulla drastica mastectomia preventiva di Angelina Jolie? «Siamo circondati da bocche, guance e seni rifatti, da protesi. Il giudizio è soggettivo. Non mi sento di condannare nessuno. Quanto alla Jolie, su di lei hanno interagito esigenze diverse. È apparsa come un'eroina, si è levata il pensiero di un tumore inevitabile al 90%, se l'è potuto permettere. Non so se consiglierei a una donna normale di fare le stessa cosa».Lo scienziato guarda avanti e chiede conforto all'umanista che procede lento pede. «Sto scrivendo un libro su Shakespeare», rivela Boncinelli, che non per questo tradisce i lirici greci. «Li considero uno degli esiti più alti della attività umana. Li ho amati sin da ragazzo e nonostante la scuola, tanto da decidere un giorno di diventarne io stesso il traduttore. È stato un lavoro disperato sulle sudate carte, durato cinque anni, ma questo è il mio libro cha amo di più. E ne vado fiero».