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Venerdì, 29 Marzo 2013 01:00

Il Pascal di Piovani e l'agire etico, che nasce dalla sofferenza

Vissuto tra il 1992 e il 1980, il pensatore napoletano Pietro Piovani si formò alla scuola di Giuseppe Capogrossi, il celebre filosofo del Diritto e giurista cattolico scomparso nel 1956. L'aspetto più originale del contributo recato da Piovani allo sviluppo della ricerca filosofica viene fatto consistere nel tentativo di coniugare lo storicismo con l'esistenzialismo, e non casualmente, a proposito di ciò, si èsostenuto che le tesi da lui elaborate vanno a collocarsi tra «esistenzialismo ripensato e storicismo rinnovato». Francesca Nodari ha individuato in Blaise Pascal uno dei modelli alti che hanno ispirato tale concezione filosofica e ha dedicato un bel volumetto all'interpretazione che il professore napoletano dette del genio di Cler Mont Ferrand, «un corpo a corpo tra un post moderno e un classico del pensiero». Caratterizzato da una «sorprendente contemporaneità».

Nel primo capitolo del volume, l'autrice affronta il tema, squisitamente pascaliano, della miseria dell'uomo e, riecheggiando affermazioni di Piovani riguardanti la visione antropologica di Pascal, scrive: «L'uomo è un granello di sabbia, nè angelo nè bestia e, a ben guardare, si pone - nel senso di una contemporanea idealità - gli stessi interrogativi dell'uomo nevrotizzato del Novecento».

Come ricorda Nodari nel secondo capitolo, Piovani ravvisò «nella sorprendente logica del cuore» il tratto più affascinante del pensiero pascaliano: «in tutta l'opera pascaliana - egli scrive - circola un sentimento dell'interiorità dei valori etico religiosi che ripugna ad ogni disciplina legalistica e che, pur quando l'accetta, la corrode dall'interno e accanto alla validità oggettiva, ex opere operato, dei sacramenti, non manca di far valere, come condizione del loro uso e della loro stessa fecondità, le disposizioni soggettive la justice du coeur del fedele ».

La terza parte del libro è imperniata sulla figura di Cristo, colto soprattutto nelle sua dimensione di servo obbediente e sofferente, che illumina la tragica esperienza del dolore umano. «Di qui - afferma la Nodari - scaturisce ciò che a noi pare un elemento di enorme interesse ermeneutico: il fatto che Piovani, lavorando sull'angoisse pascaliana e meditando su quel Cristo «in agonia fino alla fine del mondo», abbia individuato, nella sofferenza, la dynamis dell'agire etico e, nel grido, che mette a tacere tutti gli ismi e squarcia il cielo a metà l'esistenziale umano per antonimasia». Il Christus Patiens del Gethsemani diventa non solo il fratello dell'uomo nevrotizzato di oggi, ma Colui che è in grado di salvarlo, e dunque, anche Colui dal quale nessuna autentica filosofia potrà prescindere.

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