Con le nuove tecnologie ci troviamo nella terza fase di rivoluzione che riguarda l'essere umano: oggi è possibile intervenire a tal punto sull'umano da parlare di postumano, transumano, umano potenziato. Fino agli anni Ottanta non disponevamo di nessuna delle tecnologie che oggi sono parte irrinunciabile del nostro presente tanto che non ha più senso porre la domanda se siamo on line o offline: siamo semplicemente onlife. È del 1989 la comparsa del World Wide Web, è del 1996 la nascita di Google; il primo IPhone è stato presentato da Steve Jobs nel 2007; nel 2006 nasce Twitter, mentre Facebook è del 2004 e Instangram è stata lanciata nel 2010. L'abbattimento delle distanze fa scomparire la percezione del limite e il carattere di oppositività delle cose che - come ricorda Byung Chul Han - sono ormai diventate agenti di informazioni e il soggetto da Holm narrans è diventato Phono sapiens. L'immagine dei data come «petrolio» non rende bene l'idea: essi sono piuttosto come l'aria che respiriamo. Di qui l'asimmetria, come nota papa Francesco, «per cui alcuni pochi sanno tutto di noi, mentre noi non sappiamo nulla di loro». È il capitalismo della sorveglianza, la cui parola d'ordine è predittività, di cui parla Shoshana Zuboff: «L'esperienza umana è ormai materia prima gratuita che viene trasformata in dati comportamentali».
Data la sua pervasività, l'Ai attraversa letteralmente tutti i settori del nostro vivere planetario. Da quello militare: «i sistemi d'arma autonoma non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili» - scrive Francesco nel messaggio per la Giornata della pace del i° gennaio 2024 - a quello sanitario: il rischio che si corre è quello di una progressiva irrilevanza della visita medica e l'evaporazione stessa della relazione tra medico e paziente; da quello politico - si pensi alla vicenda di Cambridge Analytica, la società pubblicitaria che utilizzando milioni di profili di Facebook ha condizionato le elezioni presidenziali degli Usa e il referendum sulla Brexit - a quello della comunicazione tra fake news, eco chambers, truffe con tecnologia deepfake e del lavoro.
Nel corso del suo intervento al 50° G7 Francesco afferma che, se da un lato, l'Ai permette «una democratizzazione dell'accesso al sapere», dall'altro «potrebbe portare con sé una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni invia di sviluppo mettendo così in pericolo la possibilità di una "cultura dell'incontro"». E ancora avverte: «condanneremmo l'umanità ad un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita».
Di qui l'urgenza di umanizzare la tecnica, ovvero di passare dall'algocrazia all'algoretica - lo sviluppo etico degli algoritmi - per contrastare quella «notte del mondo», di cui parlava già Heidegger affermando che il dramma dell'epoca moderna non fosse tanto l'assenza di Dio, quanto il fatto che gli uomini non soffrissero più di tale mancanza. Senza cadere in una visione repressiva della storia, identificando nel progresso una corruzione dell'umanesimo, non ci si può esimere dal riscontrare che l'invasione della tecnica, sostiene Paglia, può spingerci a quella hybris che porta a sentirci creatori più che creature.
È un prometeismo dissennato che può anche attrarre ma che è tragicamente devastante: un doppio robotico dell'umano ci esonererebbe da ogni responsabilità. L'ambizione dell'antropomorfismo digitale è pericolosa: «se si separa - ammonisce il pontefice nel suo Discorso a una delegazione della società Max Planck, 23 febbraio 2023 - la capacità di risolvere problemi dalla necessità di essere intelligenti nel farlo ciò che si annulla è l'intenzionalità e dunque l'eticità dell'agire». È importante ribadire che si tratta di sistemi di ausilio, non di sostituzione. In realtà, la questione dirimente è che questi dispositivi non hanno un corpo, non hanno la carne. Sono solo macchine che possono elaborare flussi di dati. Sono solo artefatti.
La creazione di chatbot - si pensi a Siri - che oltre a eseguire funzioni, sono in grado di stabilire una sorta di conversazione con il singolo utente ha accelerato il convincimento che si sia di fronte realmente ad una qualche forma di intelligenza. In realtà le macchine non ci parlano, non ci ascoltano, non ci rispondono, non ci capiscono semplicemente perché non sanno nemmeno che esistiamo e chi siamo. Come dire: il problema non è nel progresso della scienza e della tecnica, bensì nell'assoggettamento alla cosa senz'anima. È l'accusa di Heidegger: «L'uomo stesso diviene qualcosa di pianificato cioè di "controllabile"».
Perché ciò non avvenga si deve riconoscere nel nostro essere di sangue e di carne, la fragilità e la creaturalità quali nostre dimensioni costitutive - non a caso Tertulliano affermava: «caro cardo salutis» («la carne è il cardine della salvezza») - scommettendo su un umanesimo planetario che sappia improntare lo sviluppo tecnologico al bene comune.
Vincenzo Paglia
L'algoritmo della vita. Etica e Intelligenza artificiale
Piemme, pagg. 208