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Martedì, 04 Gennaio 2022 22:18

Francesca Rigotti: «CI SEMBRA DI CONDIVIDERE CHISSA COSA, INVECE SIAMO SEMPRE PIU SOLI»

Spesso ospite a «Filosofi lungo l'Oglio». Francesca Rigotti, che ha pubblicato un nuovo saggio Spesso ospite a «Filosofi lungo l'Oglio». Francesca Rigotti, che ha pubblicato un nuovo saggio

Uno spettro s'aggira per il mondo: l'espandersi del singolarismo fine a se stesso come modello sociale preponderante. Per questo siamo pesci in una boccia che nuotano nel proprio spazio esclusivo fuori dalle vastità marine, promotori d'una nuova Era, affettivamente e socialmente sterili, tesi a trasformare in una sorta d'opera d'arte la nostra vita.

«Siamo soli, socialmente isolati, noi che siamo cittadini globali di imperi sovranazionali, privati della politica o ridotti ai suoi margini, e lo eravamo ancor prima che le misure ami pandemiche ci chiudessero in casa davanti a uno schermo come i prigionieri della caverna platonica».

La professoressa, filosofa e saggista Francesca Rigotti che per 25 anni ha insegnato comunicazione e dottrine politiche all'Università della Svizzera italiana a Lugano e ch'è figura notissima nel Bresciano anche per le frequenti partecipazioni al festival Filosofi lungo l'Oglio ha indagato su questa nuova condizione esistenziale con un saggio di grande impatto emotivo e qualitativamente esemplare: «L'era del singolo» (Einaudi, 144 pagine, 12 euro; e-book 4,99).

Professoressa, che cos'è la singolarità, quale ne è l'essenza e quale il rapporto con l'individualità?

La singolarità (una parola presa dal linguaggio dell'informatica) o il singolarismo è un'evoluzione dell'individuo in cui è rappresentata la specificità dei suoi bisogni individuali. Nel testo faccio l'esempio della scuola nella quale i giovani genitori rampanti vanno a cercare istituti scolastici che rispecchino i talenti del bambino (che ha solo 6 anni). Nello specifico, questa è la ricerca del singolarismo, vero stravolgimento radicale definito da Norberto Babbi° una «rivoluzione copernicana».

È l'abbuffata globale che ci ha portati dalla logica del generale a quella del particolare?

Probabilmente sì. Siamo figli di un'indigestione di benessere da una parte e di informazioni dall'altra, che ci fanno credere d'essere individui singoli e che tutto è fatto esclusivamente per «te». Invece ci ributtano in un gran calderone in cui, di fatto, siamo solo pedine indottrinate dalla pubblicità.

La singolarità, l'individualismo, potrebbe provocare danni sociali?

Ci sono due tipi di deviazioni. Da una parte la «frantumazione» dell'individuo, un processo filosofico-critico al soggetto unitario di Cartesio, messo in crisi dal potere dell'informatica, dell'economia e, in parte, dalla filosofia; dall'altra parte la critica all'edonismo esasperato, all'idolatria che potrebbe far sembrare il nostro mondo formato solo da individui narcisisti che portano la società alla rovina.

Quali derive negative può favorire la singolarità?

Non è una degenerazione, ma probabilmente rispecchia una persona che cerca non la gloria, come gli antichi eroi greci, bensì la fama, anche negativa. E la trova magari nel sistema facile di compiere stragi fra studenti, come avviene spesso in America. Finirà su tutti i giornali e su tutti i media, soddisfacendo in questo modo il suo desiderio di fama, anche se morirà in galera.

Quanto ha contato la digitalizzazione nel processo di singolarizzazione?

Sia il singolarismo sia l'individualismo hanno portato ad un'attività di lavoro sempre meno collettiva, sempre più isolati davanti a uno schermo del computer. La pandemia non ha fatto che acuire la solitudine, una tendenza che c'era già. Poi però la digitalizzazione ha portato ancor più a un paradossale isolamento. E anche se con l'uso dei social ci sembra di condividere chissà che cosa, non stiamo condividendo niente. E siamo sempre più soli.

Se l'intelligenza umana sarà sopraffatta da quella artificiale, in che cosa è destinato a trasformarsi l'essere umano? Vieni indotto a pensare che tutto sia fatto «per te», ma siamo «solo pedine indottrinate»



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