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Domenica, 05 Settembre 2021 19:49

JEAN-LUC NANCY IL FILOSOFO DEL SINGOLARE-PLURALE

Jean-Luc Nancy e Francesca Nodari Jean-Luc Nancy e Francesca Nodari

Partito senza lasciare un messaggio. Questo è ciò che vien da dire quando se ne va non solo un indiscusso gigante del pensiero contemporaneo, ma insieme un Maestro e un amico che abbiamo avuto l'onore di conoscere - resteranno indimenticabili le lunghe passeggiate peripatetiche, le conversazioni d'un fiato, le revisioni delle traduzioni dei Suoi testi - e di invitare in più occasioni al Festival filosofi lungo l'Oglio.

L'ultima mail datata 5 gennaio 202i in cui «il più grande pensatore sul tatto di tutti i tempi», come lo definì Jacques Derrida, il conferenziere di fama internazionale, il filosofo tradotto in svariate lingue e che insegnò alle università di Strasburgo, San Diego, Berkeley ci comunica di aver preso «la decisione definitiva per il tempo che mi resterà di non viaggiare più. Andare a Parigi è già sin troppo faticoso per me».

Parole raggelanti e che non lasciavano presagire nulla di buono se è vero che Nancy ha sempre combattuto e reagito con forza a prove dure: dal trapianto di cuore di cui parla ne L'intruso a varie "peripezie" dinnanzi alle quali sorrideva con l'ironia di chi a cena ti mostra un gigantesco portapillole che apre e chiude con disinvoltura come fosse un compagno di viaggio irrinunciabile.

Era debole, confessava, eppure non esitava a confermare la propria disponibilità a tenere incontri da remoto. Una passione viscerale propria soltanto di pochi. Per Nancy la filosofia è stata, innanzitutto, un mestiere. Una forma di vita: è il biós theoretikós dei Greci. Impossibile elencare gli innumerevoli insegnamenti ricevuti.

Ci limiteremo, in questa sede, a richiamare quella convinta affermazione del debito originario di riconoscimento quale elemento costitutivo del legame che abbiamo gli uni con gli altri e quale forma originaria ed anteriore a quella che domina la logica dello scambio e dell'avere e che regolamenta la prassi legata al prestito a interesse, all'usura e alle operazioni finanziarie in genere.

Ciascuno diventa debitore nel momento stesso in cui riconosce di essere stato riconosciuto e contraccambia questa fiducia originaria scoprendosi all'interno di quell'indebitamento primario che regola il rapporto tra gli uni e gli altri: la comunità ben lungi dall'essere intesa come quella sostanza che connette tra loro i soggetti nella condivisione di una comune identità, rinvierebbe ad una sorta di alterità costitutiva che perde ogni connotazione identitaria.

Il soggetto si traduce in singolarità che tradisce il passaggio dall'ego sum all'ego cum: andando al di là di Heidegger, Nancy vede nel con non tanto e non solo un'esistenziale (Mit-sein) del Dasein, ma l'essenza stessa dell'essere: «non prima - nota il filosofo in Essere singolare plurale - l'essere dell'essente e poi l'essente stesso come essente l'uno-con-l'altro e ogni essente - determinato nel suo stesso essere come essente l'uno con-l'altro. Singolare plurale cosicché la singolarità di ciascuno è indissociabile dal suo essere-contanti, e poiché in effetti, e in generale, una singolarità è indissociabile da una pluralità».

In questo rovesciamento dell'intendimento del riconoscimento del debito si può comprendere in tutta la sua portata il darsi di dò che Nancy chiama un'ontologia intesa come «socialità» o come «sociazione», che sta alla base di qualsiasi società e individualità, un'ontologia che rinviene nel reciproco darsi di un debito e di un credito gli altri, riconoscendomi, mi accordano una fiducia cui devo obbligatoriamente rispondere l'instaurarsi di un legame.

«Se l'uno parla e non uccide - scrive in Cosa resta della gratuità? - l'altro gli deve la vita. Il debito primario è quello di aver salva la vita. Meno "mia" vita intesa come proprietà che mia vita in me, da me la vita che parla perché parlata, parlata attraverso la bocca dell'altro». Ed è proprio qui che emerge l'essere come essere-con: un essere insieme che non è l'addizione né la somma dei singolari



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