A fare il punto sulla rassegna è stato il direttore dell'evento, la professoressa Francesca Nodari. «Il festival fornisce strumenti che fanno di ciascuno un soggetto critico ha esordito Non solo. La manifestazione, una vera e propria maratona del pensiero che tocca ben 23 località, si sta rivelando come un ritorno alla condivisione e allo stare insieme in carne ed ossa».
In molti Comuni il festival è stato il primo evento svoltosi in presenza, riscontrando sempre un alto indice di gradimento e di partecipazione. Le riflessioni svolte sul tema attorno al quale ruota la 16esima edizione, eros e thànatos, mostrano il ricorrere di certi rischi che attanagliano l'uomo contemporaneo: L' egoismo, il singolarismo, lo sgretolarsi della relazione, fenomeno ormai in corso da tempo e ora reso ancor più evidente dalle misure di contenimento attuate per contrastare la pandemia, al punto che molti studiosi mettono in guardia sul pericoloso passaggio dalla claustrofobia alla claustrofilia. «Eppure gli esseri umani sono animali sociali e si distinguono da tutti gli altri esseri viventi per la capacità del linguaggio ha ricordato la Nodari La chiusura quasi autistica del soggetto va di pari passo con l'emersione di antiche e nuove paure: le persone si sentono sempre più sole (secondo i sondaggi condotti dall'istituto Demos&Pi di Ilvo Diamanti circa il 30% per cento degli italiani).
Persino la nozione di temporalità è stata messa in scacco: si parla di tempo sospeso, di visione retrotopica, di scarsa fiducia nel futuro. Ma se questi sono alcuni degli esiti nefasti dell'odierna tempiere culturale già segnata e attraversata da sentimenti di rancore, rabbia e persino di odio, non sono mancati e non mancano gli escamotage per contrastare e attraversare questo nostro difficile presente. "Nessuno si salva da solo", aveva ammonito Papa Francesco in una piazza San Pietro deserta, il 27 marzo 2020. E ancora non si può dimenticare che l'identità di ciascuno passa attraverso l'alterità dell'altro che ci convoca e ci invoca.
Che è solo, emarginato, perseguitato, abbandonato». Solo persino nell'elaborazione mancata di un lutto come molti hanno sperimentato durante la fase acuta della pandemia ove era impossibile stringere la mano ai propri cari, portare loro l'ultimo saluto, finanche celebrare le esequie. «Se la morte, come sostiene Philippe Ariès ne la "Storia della morte in Occidente", nella nostra società industrializzata ha preso il posto della sessualità come tabù principale, è 1' "innominabile", come scrisse Geoffrey Gorer nel celebre saggio "La pornografia della morte", oggi forse la pandemia ci presenta il conto di questa rimozione e insieme ci mostra l'intensità generatrice di eros e la chance irrinunciabile dell'amore agapico che esige cura, misericordia, responsabilità ha concluso E per chi crede, come ha ribadito Enzo Bianchi, la convinzione che anche nell'ora più nera "l'amore vince la morte"».