Roba da non credere nella terra bresciana sempre sconsiderata a non comprendere appieno questo fenomeno unico di culturapopolare e raffinata. Quindi è cominciato il dialogo tra la leader Francesca Nodari e il Pastore di Papa Francesco.
«Non possiamo dirci cristiani, fedeli al Signore e mostrare disinteresse verso gli altri ha risposto il Cardinale alla domanda incalzante della dott. Nodari -, non possiamo dirci cristiani se abbiamo davanti il mosaico di una terza guerra mondiale come dice il Papa...».
Il Cardinale è diretto, non concede sconti , non è un predicatore roboante, mostra diagnosi e cura con garbo, non nasconde la malattia. Per primo un disintossicante forte contro la pigrizia, al voltarsi dall'altra parte per pulire cinismi dilaganti, risvegli tardivi.
Traccia le tappe di una pandemia ancora aperta, no ad analisi approssimative: «Non tutto è andato bene, 130uaila persone sono sparite, da valutare a fondo la nostra fragilità, non ci si creda immortali soltanto per l'esorcismo contro la morte. Non tutto è andato bene e certi nazionalismi egoistici sono altrettanti virus in circolazione».
Il Cardinale si affianca alle parole popolari del Papa; popolari, perché in uso alla gente comune, «costruiamo ponti», «siamo tutti nella stessa barca», «pensavamo di vivere sani in un mondo malato».
Preoccupazioni. «Sono preoccupato ragiona il Cardinale -, si sente ancora la presunzione di dominare il mondo, non percepisco il desiderio di voltare pagina. Non abbiamo molto tempo. No, non si è cristiani se si è in guerra, se si è efferati con l'altro, se si dorme invece di svegliarsi e agire, per esempio, come accadde cent'anni fa a Benedetto XV; disse della prima guerra mondiale: "un'inutile strage". Scosse le coscienze del mondo».
Matteo Maria Zuppi, tra i Pastori molto amati da Francesco, gli cammina a fianco e offre la millenaria ricetta contro la pandemia emergente dalla persona: «Dobbiamo rappresentare con più coraggio l'umanesimo che ci è affidato, riflettiamo sulle cose ultime. Presi da un certo vitalismo abbiamo smesso di parlare della morte. La medicalizzazione non ci aiuta ad affrontare la morte, non è possibile scegliere di curare l'uno invece dell'altro, va pensato il progetto sanitario consentendo di obbedire alle misure necessarie dei diritti umani. Si ripensi alle strutture, si costruiscano nuove risposte. Certo che c'è stato tanto spinto di umanità , ma esso deve rimanere».
Del resto, «"la chiesa è un ospedale da campo" ricorda il Cardinale con Papa Francesco come predicava don Mazzolari e alludeva a chi non sente perché non vede, a chi sta nei salotti e si accorge di qualche filo di fumo, laggiù sull'orizzonte e basta». La ricetta finale è semplice: scegliere, accrescere il valore della responsabilità, risentirci, normalmente, fragili, bisognosi di pace con l'altro e dunque, in quel momento, meno fragili. Questo il vaccino insuperabile dei cristiani, indifferente ad ogni variante. Oggi alle 21 il festival prosegue con 'Ivo Diamanti, alle 21, nell'Auditorio m Unità d'Italia sito, piazzale Carlo Cattaneo a Timoline di Corte Franca.