È un’inquietante pagina di un libro sorprendente e provocatorio scritto dal filosofo evoluzionista Telmo Pievani e dal geografo Mauro Varotto che immagina come cambierà la geografia dell’Italia se non saremo capaci di arrestare gli effetti del cambiamento climatico. Il “Viaggio nell’Italia dell’antoropocene” è immaginato nel futuro 2786 dove, per effetto del fondere dei ghiacci perenni, sarà inevitabile l’innalzamento del livello dei mari di 65 metri. Così, la Pianura padana sarà quasi completamente allagata, Cremona giacerà sott’acqua, Crema tornerà a essere circondata dalle paludi come ai tempi del Lago Gerundo e si potrà andare al mare ai lidi di Lodi. La carta geografica è impressionante: l’Italia sembra tornata al Pleistocene 2,5 milioni di anni fa: Venezia sommersa nel grande Mare Padano che ricopre Piacenza, Parma, Ferrara, Mantova, insomma, tutti a bagnomaria.
Certo, si tratta di uno scenario ipotetico e forse anche irrealistico ma utile per riflettere sul fatto che la configurazione del nostro territorio non è per niente scontata, e che è compito nostro di oggi la responsabilità di orientarlo in una direzione o nell’altra.
Ormai è assodato: la nostra specie sta contribuendo a cambiare il clima con un’accelerazione mai vista. Il recente allarme lanciato dall’Enea per le aree costiere a rischio inondazione a causa dei cambiamenti climatici con conseguente arretramento di spiagge e di aree agricole per decine di chilometri indicano già ora l’inizio di un fenomeno che è destinato ad aumentare. L’incremento atteso di circa un metro del livello dei mari entro questo secolo modificherà la morfologia del territorio. Queste previsioni ci proiettano in un futuro da paese tropicale con fasce di vegetazione che si spostano, esseri umani e animali che si mettono in marcia. Insomma in alcuni secoli l’Italia potrebbe essere completamente diversa con molti nuovi problemi da affrontare: Incremento delle temperature, scarsità di acqua potabile, fenomeni meteorologici sempre più estremi, incendi, diminuzione di biodiversità, spostamento degli abitanti verso terre più alte….
Proviamo, però, a concentrarci sulla nostra situazione attuale. È evidente a tutti come il clima stia cambiando, le isole di calore nelle nostre città testimoniano questo fatto. Spesso ci sono anche cinque gradi di più rispetto la campagna circostante. Esiste anche un forte legame tra l’incremento della temperatura e l’inquinamento atmosferico. Purtroppo il record di seconda città più inquinata d’Europa è una notizia catastrofica. Tuttavia, un fatto così essenziale per la salute di tutti sembra proprio che non interessi nessuno. Se fossimo in un paese più civile, ci sarebbe una sollevazione popolare. Ma qua tutti zitti. Forse non siamo contenti del secondo posto è ambiamo al podio più alto? Mistero.
Il crescente consumo di suolo (mi riferisco al mio articolo del 7 maggio “Chi danneggia la città?”) con la trasformazione di quello permeabile in superfici cementate ha aumentato la frequenza e intensità delle ondate di precipitazioni di piena nei centri abitati. E non è certo con semplici lifting dei nostri piani urbanistici che si potrà intervenire per evitare ulteriori danni, serve proprio un ripensamento dello stesso modello urbano. Dobbiamo rifondare il concetto di urbanità cercando di diminuire la vulnerabilità dei nostri abitati sempre più esposti agli effetti di un clima che cambia. Favorire l’epidemia di centri commerciali, di supermercati, di capannoni, di magazzini di logistica non è certo la soluzione migliore per il nostro territorio, ma nonostante tutto si continua come al solito e non passa giorno in cui una nuova cementificazione sia bellamente annunciata.
Il problema è complesso e deve essere affrontato con un pensiero sistemico. Esistono però tanti esempi di come poter agire con soluzioni migliori basate sull’osservazione della natura con l’utilizzo della vegetazione: alberi e siepi ai margini delle strade, parchi e giardini sui tetti delle abitazioni, orti, aree agricole periurbane, zone umide per l’assorbimento delle acque, riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, risparmio energetico, modificazione del modello di agricoltura. Serve anche un cambiamento virtuoso dei nostri comportamenti: economia circolare, mobilità sostenibile, riduzione degli sprechi, migliorare il nostro regime alimentare.
Questi e altri problemi saranno dibattuti il 12 luglio nel Festival Filosofi Lungo l’Oglio a Villachiara, a pochi chilometri da Orzinuovi. Presenti i sindaci di Brescia, Bergamo e Cremona nell’incontro “Ripartire insieme”.
Quindi, la domanda che dobbiamo porci è questa: siamo in grado di sostenere costi (non rilevanti) per riformare un modello di consumi e di stili di vita non sostenibili per assicurare alle generazioni dei nostri figli e nipoti un mondo ancora vivibile?
Forse, le parole migliori sull’argomento le ha pronunciate l’unico capo di stato che ne ha avuto il coraggio: “ L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale”. Papa Francesco in enciclica “Laudato sì”.