La serata. A Chiari, i saluti e i complimenti dell'assessore Chiara Facchetti, a Cremona del primo cittadino Galimberti. Si lavora e si pensa in streaming, in verità la riflessione non cala, cresce, invece, l'amarezza per non incontrare lo sguardo delle migliaia di amici del Festival, di chi avrebbe applaudito dal vero, non solo via schermo, la grande e generosa fatica di Francesca Nodari, a serrare questo XV anno in mezzo a mille ostacoli, eppure con la gioia dell'inizio, quando tutto sembrava così impossibile e dunque pienamente utopistico.
La gioia nasceva dall'utopia, la soddisfazione, ora, emerge dalla concretezza del fare, del sognare già per l'anno prossimo. La prof. Silvia Vegetti Finzi, bresciana per adozione, vivendo i primi anni della sua vita a Manerbio, in seguito a un'esistenza tribolata in tempo di guerra, ha vagato in molti paesi. Ha scelto «La prima cosa bella» e ha guardato allo specchio la propria contraddizione: «Proprio per lavorare intorno a un enigma, essendo stata una non figlia per una non madre ha detto la relatrice, rievocando un rapporto complesso e difficile con la madre -, ho dedicato la mia vita allo studio della maternità e la prima cosa bella è diventare madre, attendere l'arrivo dell'amore, non tanto per una generatività, quanto per una creatività, una volontà di pensare. Tutti possono risalire a un senso di maternità ed io torno volentieri al Festival di Francesca, che è materno e fecondo».
Compiti della vita. Un conto è mettere al mondo un figlio, un conto è crescerlo. I tre compiti della vita, come sostiene Freud, riguardano il governare l'educare e il curare. Si tratta di un amore che unisce in contrapposizione all'odio che separa, divide. Ritorna anche nella lezione della prof. Vegetti Finzi la necessità di recuperare quell'«essere umani» di cui sentiamo significative sottrazioni. «Oggi - ha proseguito la prof. Vegetti Finzi - stiamo perdendo quote di speranza e abbiamo bisogno di trovare punti di riferimento dentro di noi, coniugando i modi diversi del generare. Sono con Terenzio quando afferma: "Sono umano e nulla di quello che è umano mi può essere alieno"; soprattutto adesso, nella nostra stagione angosciante, dobbiamo rimanere uniti, indagando il senso profondo della maternità, per cui non esiste madre senza figlio e figlio senza madre, come ognuno di noi non vive senza l'altro».
La madre è indimenticabile, nonostante il rapporto complicato esistente, anzi, come è accaduto alla prof Vegetti Finzi proprio a causa delle difficoltà del rapporto: «Ho studiato la mia complicazione e ho scavato trincee di resistenza, per non perdere il valore della maternità, intesa come terra di accoglienza. Abbiamo perso molto l'etica dell'accoglienza, aprendo al tempo dei respingimenti e così ci siamo sentiti deboli e in colpa».
La speranza è un ritorno alla madre, a chi ha accudito istante dopo istante la creazione. E si è stanato il lato oscuro del femminicida, chi uccide per il terrore di perdere la dipendenza dalla donna. Infine è cresciuto il canto della creatività come spirito e come arte, la necessità miracolosa di nascere unici al mondo, in un'universale unicità visibile nella patria amorevole di un reparto di ginecologia, di pediatria: «Ho lavorato spesso in questi ambienti - ha concluso la relattice - e ho notato un atteggiamento morbido, senza competizione, un affetto e una rete di amore tra le madri, una terra non più reperibile fuori da lì». Sarebbe bello riportare fuori quanto si è vissuto là dentro, sarebbe una conquista rigenerante, il tempo più alto della speranza verso l'area della bontà.