E si tratta il tema «Da esseri umani a stucke (pezzi)», quelle parti di corpo e di mente ridotti a niente, stracciati dalla barbarie del nazismo, nelle camere a gas, nei campi di concentramento intorno ai quali il regista Claudio Uberti riflette, in un suo prossimo film, l'originale questione delle donne nella non vita della Shoah. Sulla longitudine di quell'Essere Umani, traccia del lungo itinerario del Festival filosofico, Anna Foa fissa i punti della memoria imprescindibile del male umano esercitato in quella Shoah da cui non possiamo distrarci, pena il pericolo di ritrovare l'immane e non misterioso sillabario del più elevato odio criminale contro l'altro.
In collegamento via Internet Yehoshua risponde alle domande di Anna Foa su populismo e nazionalismo. «È un dibattito delicato che riguarda il rigurgito di sovranismo sottolinea Yehoshua -. Si tratta di un rigurgito di populismo nazionalistico ancora più percepito nel periodo della paura e della chiusura del Covid».
Yehoshua torna ai temi dei suoi ultimi due libri sulle risorse umane e la fine del millennio. «Sulle risorse umane e sul destino dei pellegrini uomini del mondo dice l'intellettuale ebreo è in causa, in prima fila, la responsabilità del singolo. Una responsabilità che riappare evidente, pur nella sua apparente breve responsabilità, in questi mesi delle cosiddette mascherine, delle piccole grandi regole della responsabilità singola e generale».
Ultima domanda della prof; Anna Foa: come si sente coinvolto come scrittore e intellettuale nelle contraddizioni dei nostri giorni, su quell'indifferenza ed egoismo umani che non sono altro che disumani? «Al centro del mio impegno conclude Yehshoua domina la solidarietà; con il Covid è uscita la solitudine, la chiusura delle frontiere, ma non si deve arrivare a un rialzarsi dei nazionalismi. Io amo l'Italia al punto di aver messo al centro del mio prossimo romanzo personaggi quasi tutti italiani. h un romanzo-omaggio all'Italia, una comunità osservatorio in cui convivono pacificamente e con scambi culturali molto significativi i' cattolici, gli ebrei e i non credenti...».
Anna Foa affronta quindi la tragedia dello sterminio femminile in certi campi di concentramento nazisti. A Rasenbruck sono entrate 130mila donne e 90mila sono state assassinate. Lo hanno chiamato l'inferno delle donne. Dei 500 bambini nati, ne sono sopravvissuti 5. San Fedele rimane sospesa in quel silenzio-preghiera che si crea soltanto quando la pietà si inginocchia di fronte al dolore. Dunque, si chiede Francesca Nodari, come uscire da quell'inferno, dove riprendiamo l'onore di essere noi passato e presente? Anna Foa indica l'uscita da questo inferno nella sconfitta di Hitler, del suo folle disegno. Hitler non è riuscito a impone il progetto di disumanizzazione e l'umanità ferita a morte è risorta e tiene il centro di una denuncia nella presenza tra noi della Shoah. L'umanità non è stata disumanizzata e Hitler si è tolto la vita, si è consegnato alla sconfitta della sua pazzia.
L'ultima parte della serata riguarda il film di Claudio Uberti «Bocche inutili» (perché non potevano parlare, non potevano mangiare). Le riprese del fidm inizieranno a novembre, affrontando la questione della disumanizzazione delle donne durante la Shoah, dicendo quello che neppure le sopravvissute riuscirono a dire.