«Rage is in the air», rivela Nicoletta Gosio nel suo acuto saggio Nemici miei. La pervasiva rabbia quotidiana. L'autrice pare quasi prendere il lettore per mano conducendolo nei gironi infernali della nostra «civilissima comunità». Viviamo in un clima di ostilità, indifferenza, reattività esasperata. Il ricorso all'ancestrale costruzione di capri espiatori riabilita l'uso della proiezione nella valutazione degli altri e nei pregiudizi.
In Totem e tabù, non a caso, Freud scrive: «la proposizione "io odio" è trasformata per proiezione in quest'altra "egli mi odia", il che mi dà quindi diritto di odiarlo». Riversando sugli altri sotto forma di rabbia contenuti inconsci e non elaborati, «l'operazione di misconoscimento di parti proprie è sempre più tenacemente perseguita in piena consapevolezza e volontà». Nell'era dell'iperconnessione stare insieme è diventato sempre più difficile, i legami «sono affetti da una insostenibile vicinanza».
La progressiva ipertrofia del soggetto non fa che moltiplicare divisioni, astio, animosità, sfiducia, solitudine, inimicizie. Assumersi la propria responsabilità, trovare la forza di guardarsi dentro, fare autocritica sono ritenuti sforzi vani. Anzi offensivi di un sé sempre più tronfio e arrogante. Sdoganate le buone maniere - «i grazie, prego, scusi, per favore, non sono più moneta corrente di scambio» - ci si sente quasi legittimati a travolgere di improperi chi segnala una violazione, a ricorrere alla violenza fisica per futili motivi, a trasgredire alle canoniche regole di buona educazione. E ancora, all'insegna di un'autoassoluzione a buon mercato non si risponde neppure al saluto, al turpiloquio non si fa più caso, chi osa avanzare consigli rischia di finire come il grillo parlante di Pinocchio. Per non dire degli ulteriori sintomi di degrado che si trovano nella incuria degli spazi urbani, negli sfregi delle strade, nei piccoli vandalismi. Ed ancora dei segnali di frustrazione, vendetta e rabbia che popolano l'arena del web tra hate speech, linguaggio sessista e omofobo, cyberbollismo.
A ragione l'autrice cita Géza Róheim, «il primo antropologo di formazione psicoanalitica, a identificare nelle differenze mutevoli organizzazioni difensive contro le angosce l'anello di congiunzione fra strutturazione psichica e contesto culturale, osservando che esse: "sono la stoffa stessa di cui una cultura è fatta». Non v'è dubbio che in questa «società adolescenziale», «allergica agli altri» si sta andando verso «un'aggressività di natura narcisistico-difensiva» ove il disconoscimento delle proprie mancanze è l'unica chance per tenere a bada i propri sensi di colpa.
Si tratta di ciò che Simona Argentieri, in L'ambiguità (Einaudi 2008), chiama i «piccoli crimini della coscienza». Ecco perché, persino nell'amore, il più complesso e arcano dei sentimenti - teso tra l'ipermetropia dell'inconscio - «una visione sfocata degli oggetti vicini e nitida degli oggetti lontani» - e il nostro teatro interiore «si celano le più solinghe ricerche del complemento narcisistico di se stessi, dell'intermediario sul quale proiettare il proprio ideale dell'io» poiché, come nota mirabilmente Marcel Proust, «nell'amore non c'è da temere, come nella vita reale, soltanto l'avvenire, ma anche il passato, che molte volte si attua per noi solo dopo l'avvenire».
Di qui amori infelici, fantasmi d'amore fino al moltiplicarsi dei femminicidi. Se, come scrisse Jean Paul Sartre, nella sua opera teatrale composta tra la fine del 1943 e l'inizio del 1944: Huis clos, «L'inferno sono gli altri», nemico diventa l'idealizzato oggetto d'amore. Eppure una via d'uscita c'è: invertire la fuga da sé spogliando l'Altro dai panni fallaci delle nostre proiezioni poichè «riconoscere in se stessi ciò che troppo facilmente viene attribuito agli altri, assumersene la responsabilità, è l'unica strada per conoscersi, rispettarsi e ricercare forme pacifiche di convivenza»
NEMICI MIEI. LA PERVASIVA RABBIA QUOTIDIANA
Nicoletta Gosio - Einaudi, Torino