Addio a Severino:
per il filosofo di fama un'uscita di scena in punta di piedi
BRESCIA. È stato il maggior filosofo italiano della seconda metà del Novecento. Una figura di riferimento per il pensiero speculativo mondiale. Aveva sempre mantenuto un legame fisico, affettivo, culturale con la sua città, Brescia, dove viveva.
Emanuele Severino è morto venerdì scorso dopo sei mesi di malattia. La famiglia ha comunicato la notizia ieri pomeriggio, a funerale avvenuto, secondo la volontà del filosofo scomparso. Le esequie si sono svolte in forma privata, presenti solo i familiari. Adesso Severino riposa nel cimitero di San Francesco Di Paola. Avrebbe compiuto 91 anni il 26 febbraio. Il 2 marzo dell'anno scorso Brescia si era stretta intorno a Severino in occasione dei 90 anni: una festa al Teatro Sociale con una lettura dall'«Orestea», la trilogia di Eschilo di cui nel 1985 il filosofo aveva curato una nuova traduzione. Una versione portata in scena l'anno dopo da Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah.
Dal 13 al 15 giugno 2019, inoltre, la nostra città aveva ospitato il convegno internazionale «Heidegger nel pensiero di Severino». Lettura e simposio erano stati promossi dall'Ases, l'Associazione di studi intitolata al filosofo.
L'origine. Severino era nato a Brescia, papà militare di carriera, siciliano di origine, e madre di Bovegno. Si laureò nel 1950 all'Università di Pavia, discutendo una tesi su «Heidegger e la metafisica». Già nel 1951 ottenne la libera docenza in filosofia teoretica. Nel 1954 l'ingresso all'Università Cattolica di Milano e l'inizio di una lunga carriera accademica. Alla Cattolica restò fino al 1969, quando la Chiesa stabili l'inconciliabilità fra il cristianesimo e il pensiero di Severino, argomentato in libri come «La struttura originaria» (1958), «Ritornare a Parmenide» (1964).
Dopo Milano, Venezia, a Ca' Foscari dove fu tra i fondatori della facoltà di Lettere e filosofia. Diventato professore ordinario di Filosofia teoretica insegnò anche Logica, Storia della filosofia moderna e contemporanea, Sociologia. Nel 2005 Ca' Foscari lo proclamò Professore emerito. Accademico dei Lincei, Severino ha concluso la carriera all'Università Vita Salute San Raffaele di Milano.
Fra i suoi libri citiamo «Essenza del nichilismo» (1972), «Legge e caso» (1979), «Le radici della violenza» (1979), «Destino della necessità» (1980), «Il mio ricordo degli eterni» (2011, autobiografico, con molti riferimenti bresciani), «Dispute sulla verità e la morte» (2018). L'ultima fatica, dell'anno scorso, è «Testimoniando il destino».
Brescia. Intenso, dicevamo, il legame con la nostra città. A partire dall'amicizia con il sindaco Bruno Boni, alimentata da un dialogo frequente. Del resto, Severino ha collaborato più volte nelle iniziative culturali promosse dalle Amministrazioni comunali. Nel 1994, ad esempio, contribuì ad organizzare il ciclo di incontri «Finis saeculi, finis mundi? Il passo del Duemila».
Con un salto all'indietro andiamo al 1974, dopo la Strage di piazza Loggia. Severino individuò subito la radice profonda dell'attentato, il tentativo del terrorismo nero di fermare l'avanzata del partito comunista, che poteva alterare l'equilibrio internazionale stabilito dalle superpotenze.
I 90 anni. Tre particolari momenti di colloquio fra Brescia e il filosofo si sono avuti negli ultimi due anni. Il 2 e il 3 marzo 2018 il primo convegno dedicato a Severino, «All'alba dell'eternità», nel Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia e alla Cattolica di via Trieste. Il 2 marzo del 2019, come abbiamo anticipato, in omaggio ai 90 anni, la lettura dell'«Orestea» al Sociale con, fra gli altri, Ottavia Piccolo. In quell'occasione Andrée Ruth Shammah ricordò che nel 1986 era stato Giorgio Strehler a leggere per primo in pubblico la traduzione di Severino, apprezzandola moltissimo. A giugno, infine, il secondo convegno con protagonista il filosofo bresciano: «Heidegger nel pensiero di Severino. Metafisica, religione, economia, arte, tecnica».
Un altro passo indietro. Nel 2002 il nostro giornale lo intervistò per il mondiale di calcio. «Io vedo la presenza di pubblico allo spettacolo sportivo - disse - come un atto di spiritualità, un momento di liberazione rispetto alla ripetitività quotidiana del lavoro di routine. Nella vita di un individuo, spesso, assistere ad una partita di calcio è una delle attività più umane di tutta la vita».
Per dire la versatilità del suo pensiero. Il 5 aprile dell'anno scorso, nella casa bresciana, Severino ricevette la visita privata di Giuseppe Conte, in città per un convegno. Due ore di dialogo fitto, chiesto dal premier, che si presentò con il libro del filosofo «La potenza dell'errare» per approfondire alcuni passaggi. Severino gli diede qualche consiglio: «Gli ho ribadito - raccontò poi al nostro giornale - che il destino della politica non sta nel far qualcosa ai popoli, cosa che i potenti tendono a fare, ma capire cosa i popoli sono destinati a volere. Significa affrontare ciò che sta alle spalle, alla base dei temi contingenti». Con la scomparsa di Emanuele Severino, Brescia perde uno dei suoi protagonisti assoluti. Adesso è più povera.
Le reazioni
E' stato un maestro del dialogo come via per giungere alla verità
Del Bono: «Uomo forte, difendeva le sue idee» Tira: «Diceva cose profonde con semplicità». Colpiva la sua capacità argomentativa, il riuscire a dire cose profonde con semplice e umile lucidità, un tratto che è tipico solo dei grandi pensatori».
Poche parole ma intense, quelle del rettore dell'università Statale di Brescia, Maurizio Tira, a poche ore dall'annuncio della morte di Emanuele Severino. Parole che si aggiungono a quelle del sindaco Emilio Del Bono: «E scomparso un grande pensatore, ma anche un uomo dal carattere forte e coraggioso, capace di portare avanti le proprie idee con forza e libertà. Amava profondamente Brescia, una città che non ha mai lasciato e alla quale ha dimostrato più volte il proprio attaccamento. Brescia ha perso un importante tassello della sua storia, l'assenza di Severino è incolmabile, ma sono certo che il suo pensiero continuerà a lungo a ispirarci e interrogarci, anche grazie al prezioso lavoro dell'Ases, l'associazione di studi nata in suo nome poco tempo fa».
«Un interprete innovativo e rivoluzionario ma nel contempo molto legato alla sua terra, vincolato allo spirito calvinista dei bresciani» è il commento del presidente della Provincia, Samuele Alghisi, laureato in filosofia. - Certamente il Festival filosofi lungo l'Oglio, patrocinato dalla Provincia avrà modo di ricordare degnamente il maestro».
«Il paradosso della morte di un eccelso filosofo, che ha messo al centro del suo pensiero l'impossibilità della morte, è di per sé un motivo di riflessione e approfondimento: evidenzia l'immortalità dello spirito dell'uomo. Emanuele Severino è eterno, continua a essere con noi» commentano Camilla Baresani e Gianmario Bandera, presidente e direttore del Ctb.