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Mercoledì, 12 Settembre 2018 00:27

Marrani, gli ebrei convertiti, mentitori «per necessità»

La Spagna dei Re Cattolici La Spagna dei Re Cattolici

Non sempre ci è dato dire la verità. Tanto più se estorta sotto tortura. Di questo parlerà Donatella Di Cesare - ultima allieva (l’unica donna) di Hans-Georg Gadamer, ordinaria di Filosofia teoretica all’Università di Roma «La Sapienza» - venerdì 14 settembre alle 16.30 in Piazza Martiri a Carpi. Nel suo prezioso volume «Marrani» (Einaudi 2018), la professoressa Di Cesare ricorda che nella «Lettera sull’apostasia» Maimonide fu esplicito: esortò i suoi correligionari a sottrarsi al martirio che era da considerarsi «non come una norma ebraica», bensì «un gesto eccezionale».

Alternativa? Se minacciati di morte, agli ebrei non restava che optare per la dissimulazione… Nel libro la docente ripercorre, con grande acume, le varie fasi delle persecuzioni, le prime leggi razziali sulla «limpieza de sangre» promulgate ancora nel 1449, le persecuzioni avvenute in diverse città spagnole e portoghesi, fino alle condanne al rogo.

Professoressa, chi furono, dunque, i marrani?

«Ho voluto ripercorrere la vicenda enigmatica dei marrani che non ha trovato posto nella storia istituzionale. I marrani sono quegli ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo nella penisola iberica e nei domini spagnoli - dunque anche nel sud dell’Italia. Nel marrano io vedo un paradigma esemplare, una figura che dà avvio alla modernità. Non però una modernità armoniosa, bensì attraversata da una irrimediabile dissonanza. Lontani dagli ebrei, con i quali i rapporti si diradano, i marrani non vengono però riconosciuti neppure come cristiani. Appaiono estranei e inassimilabili, al punto che per discriminarli vengono promulgate le prime leggi razziste della storia. In breve: l’acqua del battesimo non basta a lavare il sangue in cui viene scorta l’immutabile essenza ebraica. Né cristiani né ebrei, i marrani sono banditi in una terra di nessuno, consegnati a una duplice non-appartenenza, a un’inedita doppiezza esistenziale. Anche rispetto all’ebreo, che è tradizionalmente l’altro, esterno e identificabile, il marrano è l’altro dell’altro. Allude a una nuova alterità, vaga e sfuggente. Il marrano è l’altro all’interno».



Inseguiti dagli inquisitori, i marrani «fugano i sospetti e trattengono il segreto». In che senso - poiché l’unico legame con la tradizione è il ricordo, che rinvia ad una resistenza irreversibile e che richiama molto da vicino quella praticata nella Germania nazista - il «segreto del ricordo diventa il ricordo del segreto»? E in che termini si può parlare del marranismo come dell’opposto di ogni forma di fondamentalismo?

«Resistono alla furia persecutoria senza sacrificare la vita. Così interrompono la violenza. Con loro si sgretola il mito del martirio e di una verità attestata dalla morte. Preferiscono lo spergiuro, la menzogna esteriore. Per fugare i sospetti trattengono il segreto. Dissidenti per necessità ,portano il seme del dubbio, il fermento dell’opposizione. E inaugurano un pensiero radicale. I sentieri che percorrono questa nuova terra dell’intimità sono molteplici. Vanno da Teresa d’Avila che nella sua mistica difende un sé inaccessibile anche a se stesso e perciò sacro, a Baruch Spinoza che nella segretezza vede quel diritto che fonda una democrazia radicale. Il segreto ha custodito i marrani. Il marranismo non è finito e ha mostrato un’innegabile persistenza».

Secondo una sua felice intuizione, l’emigrazione interiore cui erano costretti i marrani apre la strada all’introspezione e a scoprire l’altro dell’altro… Un pharmakon quanto mai necessario in questo nostro disorientato coabitare il mondo…

«Proprio la dissimulazione, la doppiezza esistenziale a cui è forzato, spinge il marrano all’introspezione, alla scoperta del sé. Ma il suo sé è irrimediabilmente scisso, diviso. Con i marrani si sgretola il mito dell’identità. Anche quando tornano allo scoperto, il sé scisso, l’estraneità costitutiva sono il lascito dei marrani».



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