Il docente tratta una questione spinosa, «Cosa condividono genitori e insegnanti con i nostri ragazzi?», e mette al centro il tema della responsabilità e dell’educazione, la necessità di rinforzare il filo delle generazioni.
Siamo nella cascina di Antonia e Francesca Nodari e dunque nella capitale della Fondazione che sorregge il Festival dei Filosofi lungo l’Oglio e va a congiungere il valore oggettivo della condivisione, del Condividere, parola chiave di quest’anno, con il mondo più delicato e alto, la formazione scolastica.
Il sindaco di Villachiara, Angelo Riccardi, ricorda che 13 anni fa il festival è partito da qui e ora ha conquistato il mantovano, il milanese, le valli bresciane. Dunque la scelta è stata feconda. Va ringraziata Francesca Nodari, tanto più in tempi in cui si mettono muri e si minaccia la chiusura delle frontiere.
Origini. Francesca Nodari ricorda il primo anno dei 13: «Ci davano dei visionari. Conta perseverare e credere che ci sia bisogno di filosofia. Ci siamo formati sui libri del prof. Galimberti, e l’ultimo suo libro," La parola ai giovani" stasera si siede in mezzo a noi».
Galimberti entra nella questione senza preamboli, dice delle lettere inviategli dai giovani. Risponde: «Perché le cose che chiedete a me non le chiedete ai genitori e ai docenti? Risposta: perché sappiamo già cosa ci diranno ». Le nostre culture cristiane, marxiste, psicanalitiche - dice il professore - si basano su tre passaggi: il passato è male, il presente è redenzione, il futuro salvezza. Ma il futuro si salva se esiste uno scopo. Quindi il dato raggelante: «Manca il fine, la filosofia senza fine non ha senso e sparisce, facendo comodo a molti. I giovani non sanno più perché stare al mondo e si tolgono la vita. Il nichilismo è l’assenza di scopo. Manca la promessa». L’interrogativo avanza da sé: siamo ancora in grado di educare? Galimberti passa in rassegna le età della vita. Nei primi 6 anni, Freud insegna la formazione delle mappe cognitive e delle mappe emotive. Padre e madre lavorano fuori casa. Quando tornano eludono le richieste dei bambini: «Ne parliamo domani». Il bambino conclude di non valere niente.
Identità. L’identità - spiega Galimberti - non è individuale, è sociale, è un dono degli altri. Si torna in casa del bambino. Lì, arrivano regali non richiesti. Il bambino perde il desiderio. E poi questi bambini fanno troppe cose, ricevono troppi stimoli: l’angoscia è dietro la porta. Così i giovani diventano psico-apatici, con la testa via, in uno stato di isolamento.
Galimberti avverte sul grande errore di certi genitori che parlano male della maestra: un danno incalcolabile, il bambino non si fida più di nessuno. Sul fronte genitoriale, si trova la categoria dimadri e padri vocati a diventare amici dei figli. Galimberti prega di essere genitori e non amici, di svolgere funzioni educative, di parlare subito coi figli, di non patologizzare i bambini, tutti dislessici, iperattivi eccetera. L’adolescenza è il punto critico, non sarà più critico così dopo. Perché appare la sessualità ed è una rilettura completa del mondo. L’adolescenza è crisi, è il cristallo, il diamante da trattare. Il prof. Galimberti definisce il concetto e la pratica dell’educazione e lascia le centinaia di persone con la soddisfazione e il ruminio della coscienza. «L’educazione - conclude - è la cura della crescita emotiva, della crescita sentimentale. In Italia la nostra scuola non educa, dovremmo avere classi di 12-13 alunni...». Galimberti non boccia, incoraggia e timbra alla grande la lezione alle Vittorie.