VEROLANUOVA (std) «Cosa succede se il lavoro non c'è in una società fondata sul lavoro?». È da questo quesito che il grande sociologo Domenico De Masi ha iniziato la sua lezione domenica 11 all'auditorium dell'Istituto «Mazzolari» ospite del «Rotary Club Brescia Verola», con il presidente Nedo Brunelli, e la professoressa Francesca Nodari. L'iniziativa rientrava nell'importante rassegna di «Filosofi lungo l'Oglio» e ha avuto come filo conduttore (e come titolo) «Lavoro "intoccabile». Il sociologo De Masi parte proprio dal titolo della sua conferenza per spiegare le sue tesi e avanzare le sue proposte: «Il lavoro ormai si tocca sempre di meno, si elaborano sempre più cose impalpabili». La lezione del professore si snoda lungo quasi 250 anni di storia del lavoro, partendo dall'Illuminismo, passando dalle gigantesche rivoluzioni industriali, sino ad arrivare ai nostri giorni ultra-tecnologici. «Quest’ oggi il lavoro può essere diviso in tre parti ha sostenuto De Masi Un 33% di persone lavorano fisicamente, un 33% compiono un lavoro intellettuale di carattere generalista e infine un 33% di digitali puri (i ragazzi giovani, ndr)». Ed è proprio qui dopo una carrellata storica e la disamina contemporanea che il sociologo pone il grande quesito rivolto al futuro: cosa ci sarà e come saremo nel 2030? La popolazione s'impennerà a quasi 8 miliardi d'individui, quindi quasi 8 miliardi di bocche da sfamare, di cui 5 miliardi abiteranno nelle città. La medicina progredirà e vivremo ancora più a lungo. La tecnologia diventerà ancora più preponderante. Secondo De Masi anche la visione del mondo sarà completamente differente: «Io credo che nel futuro, nel 2030, lavoreremo tutti, di meno, ma guadagnando di più, e il tempo libero e la creatività saranno fondamentali e centrali. Quindi Far lavorare meno chi è già occupato e distribuire più lavoro e in questo modo ci sarà più tempo per tutti». Certo questa è una ricetta che potrebbe davvero essere il futuro e perché no la soluzione ai nostri problemi. Ma la realtà è che oggi i problemi sono ben altri: sono quelli della mancanza di un lavoro, sono quelli della mancanza di garanzie e di contratti veri, sono quelli di 3 milioni di disoccupati e altrettanti milioni di inoccupati. Sono quelli di un Paese che fatica a ripartire. Ma nel 2030 chissà.
«Nel 2030 lavoreremo tutti di meno e guadagneremo di più avendo più tempo libero e maggiori possibilità di soddisfare la nostra creatività
Pubblicato in
Rassegna stampa
Etichettato sotto