Sempre diviso tra la sua Asti e Milano, Paolo De Benedetti è stato a lungo docente di Giudaismo presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e di Antico Testamento presso gli Istituti di Scienze Religiose delle Università di Urbino e Trento. Custode della sinagoga della sua città natale e direttore spirituale per un convento sardo, PDB è stato protagonista cruciale, con il Cardinal Martini e Rav Laras, del dialogo ebraico-cristiano. Uomo di frontiera, di grande apertura intellettuale e di profonda spiritualità, definiva «marrana» la sua condizione, caratterizzando la propria identità confessionale nei termini, come scrive in Ciò che tarda avverrà, di una «presenza simultanea di categorie mentali e fedeltà ebraiche e alcune convinzioni cristiane, in combinazione instabile ma irrinunciabile». Il pensiero di De Benedetti appare tutto sospeso tra la dimensione sacrale e ieratica del Dio che punisce i due figli di Aronne per avergli offerto un fuoco profano e il Dio che ha sancito l’alleanza con il popolo d’Israele. Sostenitore di una teologia del debito che si estende a tutto il creato – si pensi soltanto a Teologia degli animali e a Il filo d’erba – in Quale Dio?, interrogandosi sulla gratuità del male e il silenzio di Dio e riferendosi alla Galleria dei bambini che si trova a Jad-Wa-shem, invita a compiere quella che: «è una straziante discesa agli inferi che più di ogni altra esperienza ci avvicina a quella ineffabilità del male di cui parla Wiesel, e lascia – in chi percorre quel cammino – il senso di un’immensa irreparabilità, di un baratro che neppure la giustizia di Dio – ‘se così si può dire’ – riesce a colmare». Se nel giardino dell’Eden era Dio a chiedere ad Adamo: «Dove sei?», oggi è l’uomo a porre il medesimo interrogativo al suo Creatore. Oltre al Dio dell’ira e della misericordia, si profila per PDB – sia pure ricorrendo alle forme cautelative come: “forse”, “non so”, “se così si può dire”, “chi sa?” – il Dio fragile, il cui pianto è simile al tubare di una colomba. Indimenticabile resta una delle sue ultime conferenze: PDB parla della memoria di Dio, dove il genitivo è sia oggettivo che soggettivo: un rapporto che è preludio di un dialogo reciproco tra Dio e l’uomo. Insiste sulla necessità dello zachor (ricordare), la cui radice z.k. r. compare 169 nell’Antico Testamento. Rammenta che, di contro al concetto greco-latino di historia – che ha a che fare con l’indagare – la storia in ebraico si esprime come una sequenza di generazioni: toledot, rinviando alla fecondità intrinseca che è contenuta nel ricordare il nome. E poi aggiunge: «Dimenticare il nome è peggio che la morte. Ecco perché, nella nostra tradizione, ricordare il nome dei defunti è fondamentale, poiché nel nome sta l’anima». Una sorta di testamento spirituale che in quella sera di nebbia fitta che sapeva d’ad-dio ci volle consegnare insieme a quel racconto che amava ripetere allorché pensava al giorno del distacco: «In paradiso ci saranno ad attendermi Gesù e Abramo ed io starò in mezzo a loro». Noi vogliamo pensarlo così, in buona compagnia, già impegnato a rovistare tra i sacchi colmi di domande rimaste in sospeso quaggiù da porre a Dio. Grazie Maestro, narreremo per sempre il Tuo nome.
Paolo De Benedetti: addio al biblista che sapeva sorridere
Francesca Nodari - Giornale di BresciaSe ne è andato in punta di piedi, a pochi giorni dal suo ottantanovesimo compleanno Paolo De Benedetti, PDB per gli amici. Lascia l’amata sorella Maria, uno stuolo di allievi attoniti, i suoi adorati gatti e il dono di una bibliografia vastissima. Teologo e biblista, è stato uno dei massimi esperti contemporanei dell’ebraismo. Editore prima alla Bompiani e poi alla Garzanti, fu il primo a far conoscere in Italia Resistenza e resa di Bonhoeffer. «Il suo nome – si legge nella presentazione del numero 1/2006 di “Humanitas” a lui interamente dedicato – lo si trova a vario titolo – direttore, curatore, consigliere, redattore, correttore di bozze – nei libri più diversi: dizionari, enciclopedie, edizioni di libri biblici, classici della teologia, filosofia e letteratura».