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Non si ferma la voglia di filosofia. Grande successo per la XIII edizione del festival nomade "Filosofi lungo l'Oglio. Annunciato il tema della prossima edizione nella parola chiave "Generare"
Grande successo per la XIII edizione del festival Filosofi lungo l’Oglio diretto dalla filosofa Francesca Nodari e promosso dalla Fondazione Filosofi lungo L’Oglio. Circa 25.000 sono state le presenze complessive fra incontri ed eventi cornice nei ben 25 comuni coinvolti lungo il fiume Oglio nelle province di Brescia, Mantova e Cremona.
«L’Europa sulle orme di Israele Si abituerà ai metal detector»
«DOPO gli ultimi attacchi terroristici, nulla in Europa sarà come prima. E dovremo ripensare la nostra vita e le nostre abitudini. Sarà una transizione lunga ma nella gestione di questa fase Israele, che da sempre è un laboratorio, può esserci di grande aiuto». Ne è convinto David Meghnagi, studioso e docente di psicologia clinica all’Università Roma Tre, già delegato per l’Italia presso la Conferenza dell’Osce contro l’antisemitismo.
Nel pane gettato il sintomo di un’epoca malsana
LUDRIANO. Si sta sempre in tanti a pensare nella bella Villa Suardi. I «Filosofi lungo l’Oglio» sono ospitati nelle residenze migliori della loro terra e domenica sera, a Ludriano, dentro una pianura vasta e nobile, tra Chiari e Orzinuovi, appena scende l’ultima luce, la settecentesca Villa Suardi della famiglia Bellini, ascolta il prof. David Meghnagi, docente e intellettuale impegnato nel fecondare relazioni di pace, in particolare il dialogo tra cristiani ed ebrei. Salutato dal sindaco di Roccafranca, Emiliano Valtulini, presentato da una accorata premessa di Francesca Nodari, presidente e direttore della Fondazione dei Filosofi lungo l’Oglio, il prof. Meghnagi ha scelto la riflessione intorno a «Il Pane della Sofferenza».
Il popolo ebraico e il pane della sofferenza
Uno dei massimi esperti di questioni mediorientali, una delle voci più alte dell'ebraismo italiano. David Meghnagi è ospite stasera (ore 21.15) del nella corte di Villa Suardi (via G. Camozzi) a Ludriano.
David Meghnagi affonda le mani nel «Pane della sofferenza»
I nomi illustri si alternano uno via l'altro veloci come il vento. Ma il profondo segno impresso da ciascuno rimane un marchio indelebile che anno dopo anno sta riscrivendo il dna culturale dell'estate nella Bassa.
POVERTÀ, SOFFERENZA, ESCLUSIONE TRA URGENZE DEL PRESENTE E MEDITAZIONI MISTICHE: DALL’HOMO ŒCONOMICUS ALL’HOMO EUCARISTICUS?
«Anche al povero tendi la tua mano, perché sia perfetta la tua benedizione. La tua generosità si estenda a ogni vivente, ma anche al morto non negare la tua pietà. Non evitare coloro che piangono, e con gli afflitti mostrati afflitto. Non esitare a visitare un malato, perché per questo sarai amato» (Sir 7, 32-35)
«In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53).
«Allora tu invocherai e il Signore risponderà, tu griderai e lui dirà: Eccomi» (Is 58, 9).
L'antisemitismo è odio razzista che colpisce tutti
La quarta edizione del festival «Fare Memoria» s'è aperta (anche) tra i ragazzi e (anche) per i ragazzi.
Vecchio e nuovo antisemitismo: indignarsi non basta
«Solo per l’umanità redenta, il passato è citabile in ognuno dei suoi momenti»
W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia
David Meghnagi
David Meghnagi è nato a Tripoli nel 1949. Nato da una famiglia ebraica in cui era fortemente coltivato l’amore per la musica e il canto liturgico, è ideatore e direttore del Master internazionale di secondo livello in Didattica della Shoah presso l’Università di Roma Tre, all’interno del quale dirige un progetto di catalogazione della musica concentrazionaria. Professore di Psicologia Clinica, Psicologia dinamica e Psicologia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre, è altresì docente di Psicologia della Religione e di Pensiero Ebraico al Master Internazionale in Scienza della Religione presso la stesso Ateneo e Membro della Delegazione italiana presso la Task Force for International Cooperation on Holocaust Remembrance and Education.
La marmorea scrittura testimoniale di Primo Levi
Francesca Nodari, guida sicura dei «Filosofi lungo l’Oglio», apre la prima serata dedicata, invernalmente, al ciclo della Shoah, a quel «Fare Memoria» e a chiedersi il Perché sia potuto accadere il massacro costante, scientifico e infernale nei lager tedeschi e come sia stata sopportabile, silenziosamente, la vergogna del mondo prima di aprire il varco ufficiale al rimorso e alla pietà. L’altra sera siamo una cinquantina nella Rocca di Orzinuovi, intirizziti dall’eco di una neve buona, attesi a sentire la riflessione del filosofo della religione e di molto altro, il prof. David Meghnagi,sull’opera di Primo Levi, «Scrittura e testimonianza ».
La dott. Nodari avverte, ancora, sulla possibilità-necessità di una nostra resistenza incarnata al male. Meghnagi ha conosciuto e lavorato con Levi, costruito convegni, controllato l’alzarsi e l’abbassarsi della letteratura leviana nel corpo ambiguo degli scrittori ufficiali. Non è stato amato subito, neanche unpoco, Primo Levi, dice il relatore: scomodo, con il timbro del testimone e dunque non letterato al tempo in cui, lamoda dei premi sdolcinati della letteratura teneva a distanza la testimonianza come fosse fonte di inquinamento, erigendo il vessillo di una letteratura neutralista. Levi, invece,ha creato una lingua e molti ne hanno ripercorso i sentieri. I sopravvissuti, spesso,usano lo schema leviano, indicano il male e il dolore con le medesime emozioni letterarie, si riavvolgono in un lutto con l’accento di preghiere sorelle. David Meghnagi insiste: la letteratura vera non è invenzione, è spirito di parola testimoniale. Levi viene tenuto lontano dal club degli scrittori vacui e seduttivi e lui stesso viene considerato vacuo per non essere nel centro dell’effimero.
Finalmente, quando la storia claudicante incontra la schiena diritta di tante persone, allora la letteratura e la testimonianza attingono alla sorgente della salvezza, alla parola che si fa azione. Il ruolo di Primo Levi quale scrittore viene riconosciuto con «La tregua», 1963. Eppure, quel testo egli altri di Levi avrebbero rappresentato uno strumento poderoso, e laico e santo, per una riconciliazione di destra e di sinistra, per un passo in avanti dell’umanesimo cristiano certo nell’anelito di un comune destino. Levi è scienziato e usa la precisione della scienza nella scrittura, sottrae l’inutile, utilizza la metafora della chimica, lavora sul sangue orante e cerca e spera di tenerlo lontano dagli abissi intanto che accende i lumi predestinati, notturnamente, di un lutto esposto prima della morte. Levi, il testimone, è libero. La vittima è soppressa,la letteratura riesce a reinventare, diremmo a resuscitare se fosse possibile, la vittima e il testimone nella stessa carne e nello stesso spirito, per mediazione.
La letteratura, dice Meghnagi, è congiunzione tra vittima e testimone. La letteratura è insieme vita e memoria, si «transustanzia» nella comunione di chi va a morire, inerme e già torturato, a garanzia di un misterioso delitto totale. David Meghnagi incanta, riporta i lumini ebrei dell’alba e li appende a immaginari e nostri fiocchi di neve. Quando non ce la facciamo con la prosa, rischiamo la poesia.Vige un silenzio catacombale nella Rocca e per qualche minuto si pensa alla lacrima propria e del compagno di banco. Si è come in classe, all’alba di Levi in quel liceo D’Azeglio di Torino dove si argomentò un’adolescenza di luce e avanzò la tenebra. «...Sono solo al centro di un nulla...». Scriveva. Certificava, universalmente, la solitudine di ognuno.