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I Filosofi lungo l'Oglio e la Proloco fanno il tutto esaurito per la prima lezione in Villa Badia
Buona la prima per la tappa lenese del tour filosofico estivo «Filosofi lungo l'Oglio» l'associazione culturale che prende il nome dal fortunato omonimo festival, che è in giro per le province di Brescia, Bergamo e Cremona a partire dall'anno 2006.
«Da gesto di cura a "orma" sul device Così il bacio cambia con la cultura»
Per restare in buona salute servono nove baci al giorno. Il bacio fa bene al sistema immunitario, perché arricchisce il nostro microbiota. Lo spiegano Marino Niola ed Elisabetta Moro nel libro «Baciarsi» (Einaudi, 128 pp., 12 euro). Ma c'è anche il rischio opposto: nel 2020 il Covid-19 ha spinto i governi a mettere il bacio «in quarantena». Stasera alle 21, Niola e Moro - entrambi docenti di Antropologia all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli - saranno ospiti di Filosofi lungo l'Oglio a Leno, a Villa Badia (viale Buonarroti 43/b) per raccontare forme, rappresentazioni e significati simbolici che il bacio può assumere in diversi contesti sociali.
Professor Niola, il bacio è un gesto universale?
Può essere considerato universale, perché nasce in realtà da un gesto etologico, cioè dall'abitudine di certe specie animali di premasticare il cibo per imboccare i cuccioli. Col tempo, da gesto di nutrizione diventa simbolo di cura, amore, protezione. Si può definirlo un comportamento universale che poi cambia significati e forma a seconda delle culture.
Ad esempio?
Ci sono società dove il bacio è un gesto talmente intimo da essere vietato in pubblico. In altre realtà, come in Cina, nell'India antica o tra gli eschimesi, al contatto delle labbra si sostituisce lo strofinamento reciproco dei nasi. Ma siamo sempre lì, a un centimetro di distanza dalle labbra. Il gesto è stato poi ulteriormente universalizzato dall'industria dello spettacolo, soprattutto dal cinema che ha viralizzato il bacio occidentale diffondendolo anche in altre culture.
Il bacio più celebre rimane quello tra Paolo e Francesca nell'Inferno dantesco...
È il bacio più famoso della letteratura. Nel nostro libro proponiamo esempi dalla letteratura, dal cinema, dalla pittura, perché il bacio è uno dei gesti più raffigurati, simbolo dell'amore. Ma ci sono vari tipi di bacio: può essere anche simbolo di sottomissione o perfino di tradimento, come il bacio di Giuda.
Non è quindi solamente legato al desiderio?
È legato alla comune appartenenza. I primi cristiani si baciavano sulle labbra per significare che erano fratelli in Cristo. Era il «bacio della pace», che nella liturgia contemp orane a ha lasciato il posto al «segno di pace».
E il bacio di scambio? C'è un uso politico del bacio?
Sì. Nell'Inghilterra del '700 c'era un fenomeno molto diffuso: le nobildonne baciavano i popolani in cambio di voti per il marito o per un candidato politico che loro appoggiavano. La duchessa Georgiana Spencer, antenata di Lady Diana, baciava lavoratori e contadini in cambio di voti per un amico, candidato di un partito progressista. Immagini cos'era per un popolano di allora avvicinare e baciare sulle labbra una donna bella, profumata, aristocratica... I voti arrivavano.
E il bacio del futuro?
Il virtuale spalanca orizzonti nuovi, per certi versi ludici, per altri inquietanti. Come i sensori che trasmettono impulsi anche sulla lingua, restituendo in modo veritiero l'esperienza del bacio: potrei comprare un software che mi permette di provare la sensazione di baciare Jennifer Lawrence o Brad Pitt... O una persona potrebbe voler baciare il padre che non c'è più, ma che ha impresso l'orma delle sue labbra su un device. Così baciarsi diventa una forma di condivisione tra i corpi e l'algoritmo.
LA SFIDA DEL FARE MEMORIA NELL’ERA DELLA POST-MEMORIA
Volge alla conclusione il ciclo di conferenze di Fare memoria: perché? Dopo la partecipata lectio magistralis di Gabriele Nissim, giovedì 21 febbraio, nella cornice del Teatro comunale, sito in via Dante 7 a Leno (Bs), a partire dalle ore 20.45, toccherà a David Bidussa – autorevole storico sociale delle idee – tirare le fila del percorso iniziato lo scorso 17 gennaio. Lo studioso interverrà con una lectio magistralis dal titolo: Educare alla memoria. I viaggi di memoria tra oggetto e progetto. «Potremmo dire – ha dichiarato il direttore scientifico, Francesca Nodari – che il filo rosso che ha attraversato tutti gli incontri di questa seconda edizione di Fare memoria sia racchiuso nella tensione di dover rispondere non soltanto all’imperativo del “non dimenticare”, ma anche a quello immediatamente successivo dell’ “educare alla memoria”, consapevoli come ormai siamo del fatto di trovarci, già, in un certo senso, nell’era della post-memoria. Una sfida questa che non ammette procrastinazioni e dinnanzi alla quale non possiamo trovarci impreparati. Di qui l’esigenza dell’approfondimento, della trattazione del tema in oggetto in maniera trasversale e plurivoca nonché – e non a caso si tratta della tappa finale di questa seconda edizione – il tentativo di esaudire il monito dell’educare alla memoria anche attraverso gesti concreti: l’istituzione del Giardino dei Giusti nella nostra città, la cui cerimonia di inaugurazione è fissata per mercoledì 6 marzo, alle ore 11, in un’area del Parco Tarello a Brescia vuole essere, se così si può dire, la messa in pratica di questo intento».