Tramandata fin dal 3000 a.C. nel Mahabharata indiano; formulata da Zoroastro e Confucio; centrale nella Torah ebraica come nel Vangelo. E indice, secondo Natoli, di quel «tratto comune della natura umana» che è il nostro «inevitabile stare insieme». Quel «legame originario in cui ci troviamo ad essere quando nasciamo», ben rappresentato dall’immagine della madre che allatta il figlio: «Siamo un io dentro un noi che ci precede,rende possibile la nostra apparizione nel mondo e ci tiene in vita». Natoli,docente di Filosofia teoretica all’Università di Milano Bicocca e nume tutelare del festival bresciano, ha parlato a più di 700 spettatori, nella vasta corte dell’azienda Le Vittorie di Villachiara. Le guardie volontarie del Parco dell’Oglio hanno ben traghettato le molte automobili nelle stradine di campagna; l’assessore alla Cultura Maddalena Roncali e la direttrice scientifica del festival, Francesca Nodari, hanno accolto ospite e pubblico.
L’avvocato ed ex sindaco di Travagliato Dante Daniele Buizza, per «il grande impegno civile e umano», è stato proclamato "a sorpresa" socio onorario dell’Associazione Filosofi lungo l’Oglio. Nelle vicinanze i cani hanno abbaiato a lungo, infastidendo unpo’ il relatore ed evocando quella «alterità» che tra gli uomini sempre disturba, avvertita come «distante e potenzialmente nemica». Eppure, afferma Natoli, «nella nostra costituzione di specie c’è una predisposizione a non nuocere». Ogni comunità elabora una propria etica,che detta regole e comportamenti,ma ha come fondamento proprio quel legame originario che ci unisce.Un legame inscindibile,nessuno può sfuggire all’appartenenza alla comunità. Ogni uomo vuole però al contempo appartenere a se stesso:«Le trasformazioni della morale nascono dalla tensione tra questi due poli: produttiva nelle società che funzionano, alimentando i giovani e con loro il cambiamento». Quandol’individuo vuole ad ogni costo prevalere sulla comunità, o all’opposto una società cerca di congelare ogni innovazione, si manifesta la patologia di tale dinamica.
Ma la sua «fisiologia» prevede la ricomparsa, pur dopo fasi violente e tragiche, dell’«elemento sociale dell’uomo». E ciò vale anche nella relazione tra comunità diverse, portatrici di differenti sistemi di regole:«Abbiamo due alternative: o distruggiamo gli altri o ci mescoliamo a loro,mettendo in discussione il nostro sistema di appartenenza. Perché nonè il dialogo,ma la mimesi la carta evolutiva della civiltà:per comprendere la condotta di un altro, bisogna in qualche modo adottarla ». Dobbiamo saper dismettere le abitudini consolidate,far vincere sulla paura la curiosità trasformatrice: «L’incontro e la fusione generano nuove morali, che consentono all’essere umano di scoprire dimensioni di sé prima ignote». È proprio la «regola aurea» a richiamarci alla nostra ontologica dimensione di coesistenza.
La sua formulazione è per lo più in negativo («Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto ate»),mail cristianesimo la ribalta in positivo: «Introduce la dimensione dell’amore, senza il quale non si genera il bene. Amare è prendere l’altro in carico, anche il nemico: impresa difficilissima perché prevalgono l’indolenza, l’indifferenza, l’amore di sé». L’invito finale di Natoli è allora alla perseveranza, «una parola sparita dal vocabolario comune», alla quale dedicherà il prossimo libro. Che le parole divengano fatti, la regola aurea si incarni in «atti di perseveranza, vita concreta, storia futura».
Giovedì, 11 Luglio 2013 09:48
Natoli: «Tracce del nostro inevitabile stare insieme»
Nicola Rocchi - Giornale di BresciaSembrava risuonare l’eco del grido di dolore contro la «globalizzazione dell’indifferenza», lanciato a Lampedusa da Papa Francesco, nella meditazione proposta l’altra sera da Salvatore Natoli al festival Filosofi lungo l’Oglio, sulla «regola aurea»: «Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te».Una prescrizione antichissima, ha ricordato nella sua emozionante conferenza.
Informazioni aggiuntive
- autore: Nicola Rocchi
- giornale: Giornale di Brescia
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