Si tratta «Il duplice volto della dignità umana», la parte soggettiva e oggettiva, personale e universale, materiale e divina. Il prof. Becchi segue la linea della storia e cerca prima un fondamento, quasi primordiale, da cui desumere la doppia valenza -non la doppiezza - della dignità.
Subito è trovata nel principio della ragione istintiva, l’uomo possiede dignità perché è superiore alla bestia. E Cicerone - dunque il mondo romano e non quello greco legato al concetto-valore di virtù piuttosto che a quello di dignità - ne definisce per primo l’ambivalenza: la natura ci ha dotati di due caratteri, uno universale e assoluto comune a tutti, appunto l’eccellenza sugli animali, ed è la prima scaturigine della dignità; l’altro carattere è personale, ognuno è dignitoso a suo modo. Il prof. Becchi interpreta una sorta di separatezza tra universalità e particolarità, un vallo tra l’una e l’altra dignità da colmare. Ci penserà il Cristianesimo, spiega, a radicare l’idea e la sostanza di dignità quale risultante dell’uomo immagine di Dio.
La dignità è il dono indiretto di Dio in virtù di aver creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. La dignità è religiosa e totale. La distanza di una conversazione approfondita con le generazioni intorno all’ itinerario storico della dignità, lamenta il prof. Becchi, risiede in un abbandono dei classici, in una perdita del colloquio con il mondo indispensabile del pensiero. Il relatore si attrezza a ripassare e reinterpretare la vicenda del pensiero antico e moderno anche in considerazione di un’ indolenza per l’istruzione e la cultura classica.
Tocca subito a Hobbes: la dignità è quanto vale un uomo, il prezzo viene fatto da chi compra. Brutalmente:una persona ha tanta dignità se vale tanto. E il valore non si sottrae ai termini della materia, dello scambio. Per Hobbes, l’uomo è quello che riesce a dimostrare di valere. Tocca a Kant liberare un’idea morale di dignità secondo una prima lettura di autonomia, con le conseguenze insidiose legate a un termine così vischioso - autonomia fino a dove e chi governail limite dell’autonomia- e quindi secondo l’ etica dell’ agisci in modo da trattare le persone come fine, mai come mezzo.
Il prof. Becchi denuncia un silenzio vasto sulla questione della dignità, un transito storico senza voci fino a dopo la Seconda guerra mondiale. Saranno le Costituzioni a liberare il termine dignità. Le Costituzioni italiana (1948), tedesca (1949), giapponese (1946). Sulla Costituzione italiana il prof. Becchi instaura un’interrogazione morbida con il pubblico, chiede se qualcuno sappia degli articoli in cui compare la dignità. Qualcuno risponde e offre la spalla al docente. Gli articoli si susseguono, timidamente e meno timidamente, a trattare di dignità. L’articolo 3, «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale...»; l’articolo 36, ironizza il relatore, è il rovescio della riforma Fornero, tutti i lavoratori hanno il diritto di avere una vita libera e dignitosa per sé e per la loro famiglia; infine l’articolo 41, la libertà dell’impresa non deve limitare la dignità umana. Il dibattito - conversazione non termina a palazzo Martinengo e si trasferisce, già questa sera, nella piazza di Orzinuovi.
Tocca al prof. Luigi Zoja, sul tema della «Scomparsa del prossimo». Cioè, dove si è nascosta o è stata trafugata la dignità?