In questa intervista a L’Argomento parla Francesca Nodari, filosofa fondatrice e direttrice della rassegna Festival Filosofi lungo l’Oglio, prestigiosa manifestazione in programma dal 10 giugno al 31 luglio 2022. L’evento itinerante si snoda tra Brescia, Bergamo e Cremona ed è giunto alla sua XVII edizione. Una grande maratona del pensiero che è riuscita, nel tempo, ad appassionare un pubblico sempre più numeroso.
Dottoressa Nodari, il festival è alla sua XVII edizione. Come spiega tanto successo?
Per un verso la voglia di ritornare a fare comunità, il grandissimo bisogno di dare contenuti e senso alla nostra vita e alla nostra quotidianità, che è estremamente complessa. Dall’altro verso perché questo Festival costituisce nel panorama italiano una sorta di unicum, poiché è un festival itinerante, dura circa 50 giorni e in ogni data si sposta di luogo in luogo, cambiando location e relatori. Cercare di dare concretezza al nomadismo del pensiero, che si sposta per incontrare le varie comunità, attraversando la provincia di Brescia, ma anche quella di Bergamo e la città di Cremona.
Come nasce il festival e con quali obiettivi?
Il festival è nato da una scommessa: ritenevo che ci fosse bisogno, in queste terre di provincia, di un apporto filosofico, di un’offerta culturale che non prevedesse soltanto spettacoli teatrali o letterari, ma anche conferenze. Una scommessa nata da una grandissima passione, la filosofia unita al dialogo con il pubblico. Mi sono sempre interrogata sul fatto che noi abitanti della provincia siamo sempre considerati come cittadini di serie b, per la quantità di proposte di eventi sempre inferiore a quella delle grandi città. Così ho avvertito un dovere di restituzione, nei confronti di queste terre che tanto ci hanno dato e che ora meritano di essere riconosciute nella loro unicità. L’Oglio è il nostro fiume, parte dal Ponte di Legno ed è lungo circa 270 Km. Idealmente, con il festival, tocchiamo sia località rivierasche, sia località più interne. L’obiettivo è la voglia di costruire insieme qualcosa, soprattutto in questi tempi dove il fenomeno della solitudine sta diventando qualcosa di seriamente preoccupante.
Il tema scelto per l’edizione di quest’anno è “Dire Io”. Cosa significa?
La filosofia deve avere a che fare con il nostro presente e con i suoi problemi, se vuole dimostrare la capacità che ha di calarsi tra le pieghe del reale. Quando diciamo Io ci riferiamo all’uomo e alla donna di oggi, con tutte le problematiche che sottendono il vivere in una società così iperconnessa, ma dove la solitudine sta diventando un problema psicologico, dovuto anche ai due anni terribili di pandemia. Si è creata una grande confusione tra il reale e il virtuale, soprattutto per i giovani, ma come dice il grande filosofo subcoreano Byung-chul Han “A forza di confondere il reale col virtuale, l’empatia sta venendo sempre meno” e questo potrebbe portare alla scomparsa dell’Altro.
L’Io che negli ultimi decenni aveva mostrato i muscoli si è scoperto fragile e l’individualismo si è deformato. Forse abbiamo dimenticato che la nostra identità necessariamente passa attraverso l’attività dell’altro, del suo riconoscimento. E questo pone le numerose domande che cerchiamo di indagare con il festival, con una lettura a più voci, non solo di filosofi, ma anche di economisti, politologi, sociologi e psicologi, perché le competenze sono importanti.
Perché la filosofia è ancora tanto attuale?
Perché purtroppo sono venute meno le ‘grandi agenzie educative’ (come le definiva Remo Bodei) e le persone trasversalmente, non solo addetti ai lavori, chiedono fortemente di essere ascoltate, di potersi confrontare e di approfondire delle questioni. Hanno bisogno di strumenti per capire il presente e questo è proprio ciò che manca oggi, anche per l’impoverimento del vocabolario medio posseduto. Molti giovani leggono dei testi e non riescono poi a riferirne e comprenderne il contenuto. Queste sono questioni che non possono essere trascurate ed ecco perché serve la filosofia legata a doppio filo con l’esistenza.
Perché è importante studiarla anche in tenera età?
Io lo auspicherei fortemente, fin dalla quarta o dalla quinta elementare, sicuramente alle scuole medie andrebbe introdotta. Abbiamo bisogno di aiutare i nostri bambini e i nostri ragazzi a crescere con la filosofia. I festival sono, in tal senso, chiamati a rispondere, ma senza essere dei fast food culturali, ma delle occasioni che seguono il tempo, nel nostro caso quello lento della provincia. La filosofia che etimologicamente è ‘amore della saggezza’, non è solo questo, ma come disse un grande filosofo ebreo lituano “è saggezza dell’amore” ed ha che fare con l’Io e con l’Altro.
Perché bisogna investire massicciamente in cultura?
Io amo moltissimo il nostro paese, ma è uno di quelli che investe meno in cultura. Questo è un problema politico che i nostri governanti devono davvero prendere sul serio. Quando ci sono da fare dei tagli, si parte sempre dalla cultura perché apparentemente sembra non produrre qualcosa di tangibile. E’ il problema della società della prestazione, di una società che deve fare i conti con il fatto che non si può investire così poco in cultura e poi pretendere che non ci siano i cosiddetti ‘cervelli in fuga’ o che non si parli di precarietà. Si deve incrementare di molto gli investimenti per il mondo dell’istruzione e dell’università, ma anche per quello della cultura. C’è bisogno di un sostegno forte che però manca e lo dico con molta franchezza e con molta amarezza. Il nostro festival di filosofia (come anche altri) è un prodotto esclusivamente Made in Italy, contiamo centinaia di persone a serata, forse perché siamo il paese più bello del mondo e riusciamo a far unire il pensiero a dei luoghi meravigliosi. Ne dobbiamo essere orgogliosi, ma dobbiamo prenderne consapevolezza e per farlo c’è bisogno di investire massicciamente in cultura.