Una scelta così motivata dalla stessa Nodari: «Oggi l'individualismo, o meglio la sua versione deformata ed esasperata, è soggetto a severa critica. Si lamenta dell'individuo non il suo essere indivisibile e unico, ma il suo presentarsi come autocentrato, il suo pensare soltanto a se stesso. Alle analisi descrittive di questo fenomeno, ritenuto recente e legato a modelli di vita e a supporti tecnologici della tarda modernità, si aggiungono ondate di commenti negativi che ne valutano sfavorevolmente gli effetti. Ci siamo abituati a vivere in maniera individualistica, si nota con tono di rimprovero.
Nel mondo del lavoro e in campo economico ci comportiamo ci viene rinfacciato come se fossimo tanti Robinson Crusoe su isole solitarie che di tanto in tanto salgono sulla canoa per pagaiare fino all'isola vicina e scambiare banane con noci di cocco. Non si fanno figli su quelle isole fortemente individualizzate perché si pensa soltanto a se stessi, alle proprie comodità e alla propria realizzazione personale; vi si pratica infatti l'idolatria dell'io, l'idolatria per cui tutto deve essere fatto in relazione a me. Ma che cosa ha a che fare tutto questo con l'individualismo? Perché ha iniziato a imporsi la valutazione negativa di un fenomeno, la concezione individualista, che ha portato una straordinaria spinta nella direzione dell'autonomia, dell'eguaglianza, della democrazia e dei diritti?».
A queste e molte altre domande il festival proverà a dare una risposta tenendo fede alla sua vocazione itinerante, scandita quest'anno da 25 incontri che hanno toccato una ventina di comuni, con tappe cittadine a Brescia, Bergamo e Cremona. Contestualmente, è stato annunciato anche il vincitore della decima edizione del premio internazionale di filosofia «Un libro per il presente», assegnato a Eva Cantarella per «L'amore è un Dio» (Feltrinelli, 2007): la premiazione il 25 novembre a Romano di Lombardia. «Il festival conclude Nodari si è rivelato sempre più come un appuntamento atteso e, in un certo senso, considerato necessario per saziare il bisogno di conoscenza e insieme per la possibilità offerta di fruire di strumenti utili per alli ontare il nostro presente». E cogliere i segni del futuro. «Da qui l'urgenza di sondare tutte le implicazioni contenute nell'espressione "dire io", oggi nel tempo pandemico, oggi dinanzi a un io sempre più tracotante, in un mondo in cui le disuguaglianze sono in costante incremento, i legami sono messi in scacco da una società liquida che riduce persino gli affetti a un fast-food quotidiano. E questo mentre il virtuale avanza senza posa, l'indifferenza diventa imbarazzante e i punti di riferimento sembrano schiacciati sotto l'imperialismo di un presente continuo che rende irraggiungibile, forse utopico, l'avvenire».