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Giovedì, 11 Luglio 2019 03:15

Il 4 giugno ha preso il via la XIV edizione del festival itinerante “Filosofi lungo l’Oglio”, edizione dedicata al tema del “Generare”

Francesca Nodari - Fondatrice e direttore scientifico del festival Filosofi lungo l’Oglio Francesca Nodari - Fondatrice e direttore scientifico del festival Filosofi lungo l’Oglio

La XIV edizione del festival “Filosofi lungo l’Oglio” si sta svolgendo, come di consueto, in Lombardia, lungo il fiume Oglio. Coinvolte le province di Brescia, Cremona e Bergamo. Il Festival ha fatto tappa, per la prima volta, anche nel comune di Calcio con un incontro tenuto il 5 giugno da Francesca Nodari, fondatrice e direttore scientifico del Festival. Il tema intorno a cui ruota l’intera edizione è quello del “Generare”, un concetto che schiude una ricca serie di significati. A declinare il concetto sono stati chiamati 27 tra i maggiori pensatori e studiosi contemporanei, italiani e stranieri.

Crediamo che mai come in questa temperie storica sia necessario offrire - mentre stiamo assistendo ad un progressivo indebolimento delle agenzie educative, ad un preoccupante logorio del simbolico e ad una perdita valoriale diffusa - un’offerta culturale capace di fornire un nutrimento di ordine superiore. Un nutrimento che possiamo senz’altro definire come un bisogno essenziale dell’uomo contemporaneo. Questa è la mission del nostro Festival che, per entrare subito in medias res, si fa esso stesso fecondo di riflessioni, di piste d’indagine, di un sentirsi parte di una comunità che si esperimenta, di incontro in incontro, nel fare cerchio dialogicamente attorno ai Maestri del nostro tempo…

In linea di continuità con le precedenti edizioni, il Festival pone al centro un tema strettamente connesso all’esistenza di ciascuno e da indagare nella plurisignificatività cui rinvia il verbo generare.

Innanzitutto il nascere e il venire al mondo, in senso proprio, di esseri viventi; e, in senso figurato, di oggetti mentali: idee, concetti, progetti. Si pensi alla polisemia di un termine come concetto, derivato da conceptus, participio passato del verbo latino concipere, concepire, che è passato dall'indicare ciò o chi è stato concepito dal corpo a designare l'idea astratta immaginata dalla mente. E che dire del generare in geometria, quando una figura rotante genera un solido? Si generano cilindri, nel linguaggio matematico, ma pure memi (in linguistica) o reddito (in economia), campi magnetici (in fisica).

L'avvicendarsi dei processi naturali nel mondo sublunare è un'alternanza di generazione e corruzione, nel pensiero di Aristotele (assorbito anche da Dante, per far solo un esempio), dove generazione, γένεσις, indica il passaggio dal non essere all'essere.

Generare indica poi sia la messa al mondo di individui singoli quanto la riproduzione di esseri viventi in un certo lasso di tempo: le generazioni, di cui Remo Bodei ha scritto un pregevole saggio. Non a caso muove la sua analisi a partire dalla divisione della vita umana, mutuata da Aristotele (Retorica), in tre fasce di età: giovinezza, maturità e vecchiaia. Questa tripartizione, «estesa metaforicamente anche al ciclo vitale delle nazioni e delle civiltà», funge, per Bodei, da «pietra di paragone per confrontare preliminarmente i mutamenti avvenuti nella nostra attuale scansione delle età della vita».

La generazione è pure un insieme di persone di età simile che presenta, nella vita attiva, caratteristiche proprie, e che offre al filosofo con predilezioni sociologiche terreno di riflessione. Nel mondo occidentale, dopo la «generazione eroica», che ha vissuto l’esperienza delle due guerre mondiali e la violenza dei regimi totalitari, è venuta quella «pratica», di chi è nato intorno al 1945, che ha prediletto lavori sicuri e redditizi alla guerra. Più recentemente v’è stata la «generazione X», caratterizzata dall’ondata dei baby boomers, nati tra il 1964 e il 1979, che hanno attraversato trasformazioni epocali: la fine del colonialismo e la guerra fredda, la dissoluzione dell’impero sovietico e l’egemonia degli Stati Uniti. Questa generazione è stata la prima, purtroppo, ad avere conosciuto l’AIDS. Dopo la generazione X i sociologi hanno parlato di una «generazione Y» definita come Generation Golf (quella di chi, negli anni Ottanta, ha goduto di un certo benessere), Shampoo Generation (in cui il rapporto tra genitori e figli non era più quello ispirato alle contestazioni del Sessantotto), o, ancora, Fun Generation, Fear Generation o Generation Me. Fra gli aspetti distintivi di quest’ultima generazione ci sono quelli di essere cresciuti con la televisione commerciale e i reality shows, e di aver assistito allo sviluppo delle nuove tecnologie (dalle biotecnologie alla mappatura del DNA sino all’esplosione del digitale e dei social networks).

Come è la stirpe delle foglie, così è
anche quella degli uomini. Le foglie, alcune
il vento ne versa a terra, altre il bosco
in rigoglio ne genera, quando giunge la
stagione della primavera: così una stirpe
di uomini nasce, un’altra s’estingue.
Omero
Iliade, VI, vv. 146 -149

Fare un focus oggi sul generare significa, altresì, riflettere sulla forte denatalità che si registra non solo nel nostro Paese ma anche in Europa, nel Nord America e in Australia e che, di concerto all’impoverimento diffuso, ha messo in questione il ruolo della famiglia e delle figure genitoriali. Con l’allungarsi della vita media, da un lato, cresce il numero delle generazioni all’interno di ogni famiglia, ma, dall’altro lato, diminuisce il numero degli appartenenti alla generazione successiva, che dovrebbe favorire possibili eredi. In questo contesto il contributo dei nonni alla solidarietà familiare è fondamentale, soprattutto dal punto di vista economico. «La famiglia diventa l’ammortizzatore principale degli effetti negativi provocati dall’abbassamento delle prestazioni del welfare state, dalle crisi economiche e finanziarie e dalla mancanza di lavoro, soprattutto per i giovani».

Generare fa segno, inoltre, alle categorie del fare e dell’agire dove, secondo Aristotele e Tommaso, il primo è un atto (transitivo) che passa su oggetti esterni, come fabbricare, segare e così via, mentre l’agire è un atto (intransitivo) che rimane nell’agente medesimo, come vedere, volere e simili. Di qui le implicazioni con il mondo del lavoro, l’emersione e la richiesta di nuove figure professionali, l’avvento del transumanesimo ovvero, come avverte Stefano Zamagni, «l’apologia di un corpo e di un cervello umani “aumentati”, arricchiti cioè dall’intelligenza artificiale», l’imperversare della tecnica, le nuove forme di alienazione del lavoro. Di qui poi le implicazioni etico-morali che attengono la sfera dell’agire. E ancora, in un’epoca segnata dall’individualismo, dal «particulare» e dall’interesse, da vizi privati e pubbliche virtù, da un insidioso spaesamento - che è una delle cifre dell’abitare il nostro presente - l’esigenza di rimettere al centro i beni relazionali e la fraternità, l’urgenza di superare, come ricorda Enzo Bianchi, i cosiddetti «peccati di omissione» per lasciare spazio a pratiche generative. Non necessariamente la fecondità coincide con l’essere genitori. Sovviene, in tal senso, il celebre versetto di Isaia: «Rallegrati, tu che eri sterile, / tu che non hai mai partorito! / Ma ora gioisci, grida di gioia, / tu che non hai mai provato le doglie del parto. Perché dice il Signore: “Chi era solo ha ora molti più figli / di chi è sposato» (54, 1).

Ora, proprio «perché - come osserva Bernhard Casper - la fecondità libera l’Altro in ciò che gli è proprio», questa, in ultima analisi, fa segno al mio rispondere dell’altro senza che nessuno possa sostituirmi, al farmi carico «del suo preoccuparsi per le proprie pene», all’«abbrividire per opera del bene» fino a divenire levinasianamente ostaggio-con-il-proprio-corpo-per-l’altro, che è «forse soltanto un nome più forte per dire l’amore».

Francesca Nodari
Fondatrice e direttore scientifico del festival
“Filosofi lungo l’Oglio”



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